L’antifascismo a Bologna non si ferma neppure negli anni più duri del regime. Anzi, si fa sentire anche nel giorno di Natale, quando l’atmosfera della festività religiosa sembra fermare il corso degli eventi. Il 25 dicembre 1929 l’idea di mettere un sassolino di dissenso negli ingranaggi della dittatura è tradotta in pratica da Mario Patelli, un meccanico diciannovenne nato a Monteveglio e residente a Bazzano. Proprio in quel Natale, il primo dopo il Concordato tra il regime fascista e la Chiesa cattolica, Mario diffonde volantini antifascisti a Bazzano. O, almeno, quello è il sospetto che spinge le forze dell’ordine ad arrestarlo il 27 dicembre. Ma chi è Mario Patelli?

Mario Patelli, giovane antifascista

Mario Patelli nasce a Monteveglio il 19 marzo 1910 da Onorato e Maria Tarozzi. Non sappiamo quanto abbia studiato, ma non deve essere rimasto troppo a lungo sui banchi di scuola. Già nel 1927 lavora come meccanico e decide di iscriversi al Partito comunista d’Italia. Non è una scelta semplice, perché chi la compie si pone al di fuori della legalità: nel 1926, infatti, il regime ha sciolto tutti i partiti diversi da quello fascista. Mentre quasi tutti i socialisti e i cattolici del Partito popolare si sono ritirati a vita privata, i comunisti non hanno smesso di organizzarsi. Essendo una forza rivoluzionaria, hanno adottato strategie cospirative e hanno proseguito l’attività politica, rimanendo sotto traccia.

Mentre gli intellettuali discutono – e spesso si dividono – sulla linea del Partito, i militanti affrontano i rischi delle attività finalizzate a fare proseliti. Mario Patelli comincia a darsi da fare, ma le accortezze della cospirazione non sono sempre sufficienti. Il regime fascista ha un sistema di controllo molto capillare e spesso riesce a infiltrare elementi negli ambienti frequentati dai “sovversivi”. Così, tra il 27 e il 28 aprile 1927, Mario viene arrestato a Bazzano, insieme ad altre 14 persone, con l’accusa di avere diffuso volantini antifascisti. Il 31 maggio, dopo poco più di un mese di detenzione, viene liberato e riceve una diffida: non deve più farsi coinvolgere in attività contrarie al regime.

Volantini di propaganda

Eppure, non è facile indurre i rivoluzionari a desistere, quando la vita sembra sempre più precaria e più difficile. Nel 1929 il Centro estero del Partito comunista d’Italia a Parigi realizza diversi volantini. A novembre ne viene trasmesso uno «contro i sindacati fascisti, per le rappresentanze operaie nelle fabbriche elette dai lavoratori e per l’aumento dei salari». A dicembre un altro volantino protesta contro le colonie estive fasciste e invita a sostenere la realizzazione di una “colonia marina proletaria antifascista”.

Alcuni tra questi materiali di propaganda vengono diffusi a Bazzano nel giorno di Natale. Non sappiamo quali, ma Mario Patelli ci va di mezzo un’altra volta. Molto probabilmente è proprio lui a mettersi in gioco nella distribuzione, ma forse pesano anche sospetti e pregiudizi nei confronti di un “diffidato”. In quel periodo, la sua vita non dev’essere per niente facile. E per le altre persone? Che Natale è, a Bologna e in Emilia, quello del 1929?

1929: il fascismo si consolida

Il Natale del 1929 arriva in un momento significativo per la storia del fascismo italiano. All’apparenza il regime procede a vele spiegate, senza più opposizioni e con il sostegno sempre più esplicito dell’alto clero. Nei mesi precedenti la dittatura si è ulteriormente consolidata. L’11 febbraio la firma dei Patti lateranensi ha ammorbidito il Vaticano e Pio XI ha affermato che Mussolini è «l’uomo della Provvidenza» nella lotta contro ogni forma rivoluzionaria di ispirazione marxista. In cambio, il duce e il Partito nazionale fascista si avvicinano ai cattolici reazionari, abbandonando l’ateismo e l’anticlericalismo.

Autorità del regime fascista e della Chiesa cattolica in posa prima della firma dei Patti lateranensi

Autorità del regime fascista e della Chiesa cattolica in posa prima della firma dei Patti lateranensi

Il consolidamento della dittatura è proseguito anche nei mesi successivi. Il 24 marzo si è tenuto il primo plebiscito, nel quale gli elettori sono stati chiamati ad approvare o a respingere la lista dei deputati scelti dal Gran consiglio del fascismo. In un voto segnato dalle intimidazioni e dalla totale assenza di segretezza, i “sì” sono stati circa 8 milioni e mezzo, mentre i “no” 135.773.

In quell’anno anche i moderati e i conservatori di molti Paesi occidentali guardano con interesse al fascismo italiano. Mussolini si propone non soltanto come un argine contro le Sinistre, ma anche come un leader capace di prendere decisioni. Gli osservatori internazionali non vedono, tuttavia, il volto violento e repressivo del regime. Non notano neppure l’ulteriore inasprirsi delle disuguaglianze sociali in un Paese già segnato da squilibri fortissimi. Rimangono, invece, abbagliati dal rafforzamento della lira: nel 1927 Mussolini si è posto l’obiettivo di stabilire il cambio con la sterlina a “quota 90” lire e ha fatto di tutto per apprezzare la moneta nazionale. I frutti di queste scelte economiche sono finiti nelle tasche dei benestanti. Il ceto medio è scivolato verso il basso e le persone povere hanno stretto ulteriormente la cinghia.

Segnali di crisi e tempi difficili

A complicare ulteriormente la vita dei contadini e delle fasce più deboli ci pensa il meteo. A febbraio un’ondata di gelo provoca gravissimi danni alle coltivazioni. Per parecchie famiglie, aggravate dai debiti contratti per comprare i poderi, è il colpo di grazia. Molti sono costretti a vendere le terre, ricavando meno di quanto avevano speso per rilevarle. Altri non reggono allo sconforto e decidono di farla finita. Anche se i mezzi di comunicazione non raccontano mai le loro storie, il disagio e il malessere si diffondono nella società, saldandosi allo sconforto e alla rassegnazione.

Il 10 aprile, alle 6:45, arriva anche il terremoto. Una scossa tra il 4° e il 5° grado della scala Mercalli s’irradia dalla valle del Samoggia alla provincia bolognese, provocando danni anche consistenti: crolla, ad esempio, il castello di Zappolino. Diverse persone devono abbandonare le loro case e sfollano in ricoveri allestiti in vari luoghi della provincia. Lo sciame sismico prosegue con nuovi eventi fino all’11 maggio.

Cartolina tratta dall'archivio del Gruppo di documentazione vignolese Mezaluna-Mario Menabue

Cartolina tratta dall’archivio del Gruppo di documentazione vignolese Mezaluna-Mario Menabue

Qualcuno, tuttavia, non demorde e continua a battersi per cambiare le cose, proprio come il nostro Mario Patelli e i suoi compagni. Per loro il Natale non è tanto una festa religiosa, quanto un momento di pausa dal lavoro, in cui potersi dedicare alla propaganda clandestina e magari trovare maggiore ascolto da parte di altri lavoratori. Così, sui muri di Bazzano vengono trovati i volantini stampati dai comunisti. E allora le forze dell’ordine prelevano Mario e lo portano in carcere.

Anni Trenta: l’antifascismo a Bologna continua   

Mario Patelli comincia il 1930 in prigione, aspettando il verdetto delle autorità fasciste. È certo che non emergono prove contro di lui, perché il 16 gennaio viene liberato. Passano poco più di due mesi e lo ritroviamo nuovamente in manette: il 24 marzo è arrestato insieme ad altri nove antifascisti. Questa volta la situazione è più complicata, perché viene deferito al Tribunale speciale per la difesa dello Stato con l’accusa di «associazione sovversiva».

Le “leggi fascistissime“, promulgate tra il 1925 e il 1926, vietano infatti ogni attività individuale e collettiva contraria al regime. La punizione dei trasgressori non è affidata alla magistratura ordinaria, ma a un nuovo organo giuridico, il Tribunale speciale per la difesa dello Stato.

L’istruttoria relativa al caso di Mario Patelli si conclude il 19 maggio. L’imputato viene assolto e liberato, ma riceve un’ammonizione: per due anni deve rientrare in casa prima delle ore 20 e non può uscire prima delle 7 del mattino. Ha inoltre l’obbligo di presentarsi a un posto di polizia per due volte ogni settimana. Non può, infine, «trattenersi abitualmente nelle osterie, bettole o in case di prostituzione». Negli anni del regime, i bolognesi ammoniti sono 433: nonostante la propaganda e le repressioni, l’antifascismo sopravvive e si diffonde in una società segnata dalle disuguaglianze e appesantita dalla corruzione.

Il testimone dell’antifascismo

Le vite degli ammoniti, dei condannati al confino e dei reclusi in carcere sono molto difficili. Quando le pene finiscono, la vita riprende con difficoltà, perché tra i datori di lavoro non mancano i pregiudizi nei confronti dei “sovversivi”. Al termine dell’ammonizione, Mario presta servizio militare e nel 1933 si trasferisce a Ferrara, dove trova un impiego. Nel 1939 riceve la cartolina precetto che annuncia il richiamo alle armi e deve partire per la Libia. Quando rientra a Bazzano, il 14 febbraio 1940, viene collocato in congedo illimitato. Le autorità fasciste continuano comunque a tenerlo sotto osservazione.

Durante la Seconda guerra mondiale il testimone dell’antifascismo passa al fratello Renato, classe 1914, che diventa partigiano nei battaglioni Artioli e Sozzi della brigata Bolero.

Ringraziamo la sezione ANPI di Bazzano – in particolare Doriano Depietri e Lorenza Casarini – per averci segnalato gli eventi del Natale 1929 a Bazzano.

Buon Natale antifascista a tutte e a tutti da Paola e Daniel

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