La mattina del 22 febbraio 1944 Arturo Anderlini e Alfonso Paltrinieri vengono condotti nel poligono di tiro del quartiere Sacca, a Modena. Li attende un plotone d’esecuzione fascista, perché nella sera precedente il Tribunale Straordinario di Guerra si è riunito a Palazzo Ducale e li ha condannati a morte. Sono colpevoli di solidarietà nei confronti di alcuni ex prigionieri di guerra britannici, evasi dai campi modenesi dopo l’8 settembre 1943.

Nei mesi precedenti, molti di questi fuggiaschi si sono salvati grazie all’aiuto della Commissione Clandestina per l’assistenza ai militari delle Nazioni Unite, una rete antifascista che li ha nascosti, soccorsi e assistiti anche quando erano feriti. La guidava proprio Arturo Anderlini, uno degli ottici più stimati della città.

L’arresto di Arturo Anderlini e Alfonso Paltrinieri

All’inizio del 1944 la maggior parte dei militari alleati si trovava già al sicuro, ma alcuni ex-prigionieri erano ancora a Modena. In città correvano gravi rischi, perché erano facilmente riconoscibili. Tra di loro c’era il inglese Leather Godwin, che aveva bisogno di cure. Arturo Anderlini lo accolse e chiese l’aiuto di un medico. Quando il dottore si trovò davanti il prigioniero inglese, lo curò, ma poco dopo denunciò alle autorità fasciste l’animatore della rete clandestina.

Così, il 7 gennaio 1944, i fascisti arrestarono Anderlini insieme a Chiarina Rognoni e Dalma Malagoli: i tre finirono in carcere. Dietro le sbarre, Anderlini incontrò Alfonso Paltrinieri, un cattolico della Bassa pianura modenese, che possedeva un caseificio a San Felice sul Panaro. Spinto dalla carità cristiana, egli aveva ospitato alcuni prigionieri inglesi. Proprio per quel motivo i fascisti lo avevano fatto arrestare insieme alla moglie Ines Gallini e a Vittorio Piva.

Di lì a poco finì in carcere anche Fortunato Cavazzoni, un agricoltore di Nonantola. Era stato arrestato insieme a due dei suoi figli il 18 gennaio per aver offerto ospitalità a un ex prigioniero britannico.

La condanna a morte

Fortunato Cavazzoni muore all’interno della prigione il 21 febbraio 1944, in circostanze mai del tutto chiarite. I suoi figli vengono scarcerati, ma non hanno la possibilità di vedere il corpo del padre. All’alba del giorno successivo, Arturo Anderlini e Alfonso Paltrinieri vanno alla fucilazione. La «Gazzetta dell’Emilia», quotidiano del Partito fascista repubblicano modenese, esulta per la condanna a morte di due “mercanti della patria”. Due persone che, in realtà, erano solo due uomini giusti, “colpevoli” di aver aiutato persone bisognose, nella speranza che la guerra e il potere dei fascismi finissero quanto prima possibile.

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