Sono passati ormai 78 anni dall’apertura dei cancelli di Auschwitz, ma anche nel 2023 il Giorno della Memoria sarà l’occasione per raccontare nuove storie di deportati. Si tratta di persone comuni, nate in Valsamoggia e finite per motivi diversi nei campi di concentramento nazisti e fascisti. Le loro storie stanno emergendo a poco a poco, grazie a una ricerca avviata da Doriano Depietri, segretario della sezione ANPI di Bazzano, e proseguita con il coinvolgimento dello storico Daniel Degli Esposti. Al momento sono state individuate 165 persone di Bazzano, Castello di Serravalle, Crespellano, Monteveglio e Savigno, catturate e deportate nel corso della Seconda guerra mondiale.
I primi risultati di questo lavoro emergeranno giovedì 26 gennaio alle 20:30 presso la Rocca dei Bentivoglio nell’iniziativa Da Valsamoggia al lager. Il coraggio della scelta. In una conversazione con Marco Masi (ANPI Bazzano), Daniel Degli Esposti racconterà storie di deportati politici, internati militari e perseguitati per motivi razziali, prendendo spunto dai documenti e dai materiali rinvenuti nel corso della ricerca.
Le vicende di queste persone consentiranno di osservare da prospettive inedite il sistema – terribile e complesso – dei campi nazisti e fascisti, scoprendo la varietà e la molteplicità delle esperienze dei deportati. L’internamento coinvolse, infatti, persone molto diverse tra loro: gli ebrei (vittime dell’odio razziale), i perseguitati politici (“colpevoli” di opporsi ai fascismi), i militari catturati dopo l’8 settembre 1943, ma anche diversi giovani in età da lavoro, prelevati dalle strade per essere condotti nelle fabbriche militarizzate.
L’iniziativa è organizzata da ANPI Bazzano, Comune di Valsamoggia e Fondazione Rocca dei Bentivoglio.
Le esperienze degli internati militari italiani
Molte storie di deportati che stanno emergendo dalla ricerca condotta in Valsamoggia riguardano soldati catturati all’indomani dell’8 settembre 1943. Dopo l’annuncio dell’armistizio tra l’Italia e gli anglo-americani, comincia una fase caotica, nella quale il Regio Esercito collassa. Le forze armate della Germania nazista occupano facilmente gran parte della penisola e dei territori precedentemente controllati dalle truppe italiane nei Balcani. I tedeschi catturano oltre 650.000 soldati e ufficiali italiani, poi li deportano in Germania. Hitler li considera traditori e non li riconosce come prigionieri di guerra. Inventa, così, la definizione di “internati militari italiani” per punirli con durezza, sottoponendoli a tremende condizioni di vita e di lavoro.
Nel frattempo, tuttavia, in Italia rinasce il fascismo. I nazisti liberano Mussolini dalla prigionia e lo incaricano di formare uno Stato collaborazionista per proseguire la guerra. Nasce, così, la Repubblica sociale italiana, che cerca di arruolare rapidamente un esercito. Il Duce ottiene da Hitler la possibilità di proporre agli internati militari italiani l’arruolamento nelle nuove forze armate, ma il progetto fallisce, perché oltre l’80% dei soldati decide di rimanere nei campi. Quel rifiuto del fascismo repubblicano li costringe a proseguire l’esperienza dei campi e delle fabbriche. È al tempo stesso una scelta coraggiosa, un atto di resistenza e un indizio di disperazione.
Da quel momento, gli internati militari italiani sono costretti a lavorare nelle fabbriche che consentono alla Germania di produrre armamenti per proseguire la guerra. Tra le loro file, la mortalità è particolarmente elevata, sia per le difficili condizioni di vita nei campi, sia per il costante pericolo dei bombardamenti aerei anglo-americani.
Storie di deportati: una piccola anteprima
Emidio Baccolini nasce a Bazzano il 26 marzo 1916. Studia fino alla quarta elementare e lavora come cordaio. Per ragioni mediche riesce a evitare a lungo l’invio al fronte, ma il 9 agosto 1943 viene richiamato alle armi. All’annuncio dell’armistizio si trova a Modena presso il 36° Reggimento di Fanteria. La mattina del 9 settembre 1943 i tedeschi circondano la caserma e arrestano facilmente tutti i militari. Baccolini viene condotto alla Cittadella, poi alla stazione ferroviaria e infine in Germania. Rimane internato nei campi tedeschi fino al 1° maggio 1945, quando le forze armate alleate lo liberano. Si apre, così, un periodo di attesa del rimpatrio, che dura fino al 15 luglio 1945.
Arturo Brighetti nasce a Monteveglio il 20 marzo 1902. Nel 1943, pur avendo già compiuto 41 anni, si trova impegnato come soldato sul fronte balcanico. Il 2 ottobre 1943 è a Sibenik, in Croazia, quando i tedeschi lo catturano. Viene condotto in Germania su una tradotta normalmente destinata al trasporto del bestiame. Finisce, poi, internato nello Stalag (campo di prigionia per soldati semplici) VI C di Bathorn e riceve il numero di matricola 102679. Le condizioni di vita nell’incipiente inverno tedesco sono, con ogni probabilità, troppo dure per la sua salute. Muore, infatti, ad Aachen il 12 dicembre 1943. Oggi è sepolto nel Cimitero militare italiano d’onore di Amburgo.
Per scoprire altre storie di deportati, ti aspettiamo giovedì 26 gennaio alle 20:30 presso la Rocca dei Bentivoglio (via Contessa Matilde 10, Bazzano, Valsamoggia).
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20 Gennaio 2023 alle 9:25
Buongiorno, sono figlia di un IMI di Bologna e ho apprezzato moltissimo questa iniziativa segnalatami da un compagno di Anpi. Non so se potrò venire ma sono molto interessata alla vostra “raccolta” che a Bologna città è ancora poco “avanzata”.
20 Gennaio 2023 alle 9:27
Buongiorno Mariarosa, grazie per questo suo apprezzamento! Faremo il possibile per dare continuità a questo lavoro e speriamo di poter avere presto ulteriori conoscenze.