Arriva la primavera ed è tempo di (ri)scoprire insieme alcune piccole storie della Grande Guerra a Valsamoggia. A cent’anni dalla fine del conflitto la Fondazione Rocca dei Bentivoglio propone un cartellone di iniziative e appuntamenti tra Bazzano, Crespellano e Castello di Serravalle. Un viaggio nella Public History, che guarda al presente attraverso la storia delle comunità. Si comincia sabato 14 aprile alle 17 con l’inaugurazione della mostra 1914-1918 Volti e parole: piccole storie della Grande Guerra a Valsamoggia. Un mosaico di voci e di sguardi, frutto di un percorso corale che merita di essere raccontato fin dalle sue radici.
Il progetto scene di guerra-teatri di pace
Corre l’anno 2016, quando il Teatro delle Temperie innesca la domanda di fondo: chi può comprendere davvero il vissuto delle persone che attraversarono le “tempeste d’acciaio” del primo conflitto mondiale? La curiosità fa partire scene di guerra – teatri di pace. Un viaggio di arte, cultura e pratica della memoria, intrecciato alla ricerca storica e alla dimensione della comunità.
Lanciata l’idea, arrivano importanti collaboratori e compagni di strada: Comune di Valsamoggia, Fondazione Rocca dei Bentivoglio, Fondazione Del Monte di Bologna e Ravenna, Museo Civico del Risorgimento di Bologna, Associazione Emilia Romagna al Fronte, ANPI e Associazione Nazionale Alpini.
Il teatro diventa una cerniera tra passato e presente. Le emozioni dei saggi e degli spettacoli attivano una ricerca collettiva, che coinvolge le comunità intorno ai palcoscenici. Stimolate dalle storie del 1914-1918, diverse famiglie di Valsamoggia fanno riemergere dalle soffitte e dai cassetti fotografie, lettere e documenti del proprio passato. Tesori di vissuto umano, pronti a diventare patrimonio collettivo grazie al Museo Civico del Risorgimento di Bologna.
Public History nella comunità
Quando le famiglie condividono le proprie memorie, si entra nel terreno preferito della Public History. La comunità costruisce la storia dal basso, poiché il racconto parte dalle “voci” riemerse dai cassetti o dalle soffitte. Rovistare tra le carte del proprio passato significa recuperare parole che il trascorrere del tempo rischia di rendere mute. E tutto ciò regala occasioni di lavoro agli storici, oltre ad aprire nuove possibilità di conoscenza. Dopotutto le esperienze e le vite delle persone sono i mattoni della storia: senza di esse non si può costruire alcuna narrazione.
Se potessi avere la fortuna di non andare più in quei posti a così brutti e pericolosi
io sarei molto contento spero di non andare più. Perché io dico che questa ferita sia stata la mia fortuna e poi ce né tanti che dicono sia stata la mia fortuna.(Lettera del soldato Valentino Campadelli ai genitori e alla moglie, 18 marzo 1916. Raccolta famiglia Campadelli)
Nella corrispondenza tra il soldato Valentino Campadelli e la famiglia, originaria di Anzola nell’Emilia, si legge la speranza del ritorno a casa. Nell’autunno 1915 “Valento”, come lo chiama la moglie Virginia, rimedia una ferita a un braccio. Per la convalescenza la sanità militare lo spedisce a Santa Maria Capua Vetere, dove solo la posta lo tiene unito agli affetti. Il distacco e la lontananza dal proprio mondo incupiscono i pensieri, appesantiti dalle fatiche militari.
Qui si mangia male e si dormi Peggio e se fanno fare listrozione 2 volti il giorno e se fanno far Delle marce 16-17 chilomettre Tutti i giorni col zaino sole spalle cariche come i Imule.
(Lettera del soldato Primo Ognibene alla moglie, 20 aprile 1916.
Raccolta Claudio Cavallieri)
Quanto è difficile affidare i sentimenti alla carta e alla penna! Una generazione di giovani e ragazze passa per forza dal suono della voce alle lettere dell’alfabeto. È insieme un trauma e un’opportunità, poiché tanti imparano a leggere e a scrivere per non smarrirsi nel fragore delle trincee.
Il fascino delle storie di vita
Ogni volta che mi trovo davanti a una raccolta familiare, avverto il fascino e il valore delle memorie private. Riscoprire una voce o un’immagine dal passato significa aggiungere una prospettiva nuova sul mondo di ieri, che può dirci molto sul nostro modo di vivere l’oggi. Per collocare nello spazio e nel tempo quei frammenti di esperienza umana, rendendoli comprensibili anche a chi non ne conosce il luogo d’origine, devo affinare la “cassetta degli attrezzi”. Il metodo storico serve proprio a inserire un fatto o un racconto nel contesto che l’ha generato.
Ricostruire un’ambientazione corretta è fondamentale per comprendere le tracce lasciate da chi ci ha preceduto: senza questo passaggio, si rischia di fraintendere la portata e la dimensione degli eventi, sganciandoli dalla parte di mondo in cui sono accaduti. È proprio in questo intreccio fra tempo, territorio e comunità che si muove la Public History. Partire dagli interessi concreti e dai vissuti delle persone è determinante per stimolare la loro curiosità.
Ecco allora che arriva in soccorso la voce delle istituzioni. Aurelia Casagrande recupera dagli archivi storici dei municipi di Valsamoggia documenti che illustrano gli aspetti più significativi della quotidianità al tempo della Grande Guerra.
Costruire la mostra
Arriva l’autunno 2017 e la Fondazione Rocca dei Bentivoglio mi propone di costruire una narrazione storica con i risultati delle ricerche tra le raccolte familiari. Accetto la sfida con entusiasmo: l’esperienza del progetto Le casse ritrovate alimenta il mio desiderio di raccontare la Prima guerra mondiale dal basso.
Mi basta prendere contatto con i materiali per capire che il progetto vale tutti gli sforzi che richiede. Grazie al progetto scene di guerra-teatri di pace trovo subito pane per i miei denti. In 24 cartelle mi attendono le riproduzioni allo scanner di cartoline, lettere, fotografie, ritratti, attestati e medaglie. Alcuni donatori e l’Associazione Emilia-Romagna al Fronte si rendono disponibili a prestare anche oggetti della vita quotidiana in guerra. Insomma, ho davvero l’imbarazzo della scelta.
E c’è di più: in mostra potrete vedere molti documenti e fotografie in originale!
La selezione è molto difficile, poiché ogni documento porta con sé una storia di vita. Divido le memorie familiari per temi con l’obiettivo di ripercorrere le tappe essenziali dell’esperienza di guerra: dalla partenza alla trincea, dalla paura di finire male al conforto di ricevere la posta, dal cibo al sonno. La grafica delle cartoline apre finestre sulla propaganda, mentre i testi delle corrispondenze mostrano come i soldati raccontano la loro guerra. E poi ospedali, campi di prigionia, cimiteri: il conflitto aggredisce i corpi e travolge la normalità, imponendo nuove abitudini. Fino a plasmare un equilibrio talmente instabile da innescare tensioni, scontri e ascese di regimi totalitari.
1914-1918 Volti e parole
Come sempre, la sfida più difficile è trovare il titolo. Optiamo per 1914-1918 Volti e parole. Piccole storie della Grande Guerra a Valsamoggia. Mi soddisfa, perché racconta gli elementi di umanità che s’incontrano durante la visita. Solo un dubbio continua ad accompagnarmi nel lavoro: se il mondo di oggi continua a sanguinare proprio lungo alcune delle cicatrici del 1914, come l’Ucraina, i Balcani e il Medio Oriente, quel conflitto si può dire davvero finito?
Per cercare una risposta nel presente, ci rivolgiamo a Cefa – Il seme della solidarietà – Onlus, che ci propone di sondare le vicende della Libia. La narrazione si dilata all’indietro, raggiungendo la guerra italo-turca del 1911-1912, e si proietta in avanti, fino ai drammi dei nostri giorni. Con una guida d’eccezione, la professoressa e giornalista Michela Mercuri.
Una storia da non perdere: la vicenda di Artemio Rosa
Se dovessi consigliarvi in particolare una piccola storia della Grande Guerra a Valsamoggia, sceglierei quella di Artemio Rosa. È un ragazzo come tanti, cresciuto con la famiglia tra la Bersagliera e Savigno. Il suo orizzonte è la società contadina d’inizio Novecento, quella che il conflitto sradica senza particolari remore. Agli occhi degli ufficiali italiani chi lavora la terra dell’Appennino bolognese è più utile sotto le armi che nel suo campo.
io vi scrivo le mie nottizie che io sto bene chome spero di voi tutti in Famillia io vi dico che siamo partiti da Dronero siamo dato a Bresia a fare un istruzione da Mittalbia e anno detto che stiamo lì un mese e sono molto contento di essere a Bresia è una bella città e se voi mi venite a trovare venite alla domenicha
(Lettera del soldato Artemio Rosa al padre, 11 marzo 1917.
Raccolta famiglia Bertusi)
L’istruzione militare dura il tempo che serve a imparare l’ABC della trincea. Appena viene giudicato pronto, Artemio finisce al fronte. E le cose si mettono male, poiché viene catturato dalle truppe austro-ungariche. Che cosa significa essere prigionieri a Mauthausen nel 1918?
Caro Padre, vi dico, che ieri il giorno, 28, ò ricevuto due cartoline, da voi, e mi racomando che spedite pacchi piu spesso da casa, spedite pacchi di pane di 5 chili e qualche pò di pasta, e abbonatevi, alla crocerossa di Bologna io mi trovo invalido al concentramento di mauthausen vi saluto tutti in familia a voi addio baci.
(Lettera di Artemio Rosa al padre, 1 marzo 1918.
Raccolta famiglia Bertusi)
Per scoprire come finisce la storia di Artemio Rosa… ti aspetto alla mostra presso la Rocca dei Bentivoglio!
Gli appuntamenti sulla Grande Guerra a Valsamoggia
La mostra 1914-1918 Volti e parole: piccole storie della Grande Guerra a Valsamoggia inaugura sabato 14 aprile alle 17 presso la Rocca dei Bentivoglio di Bazzano. L’esposizione è visitabile fino al 29 luglio negli orari di apertura della Rocca.
Domenica 6 maggio alle 10:30 presso l’Ecomuseo della collina e del vino di Castello di Serravalle apre invece la sezione 1914-1918 Tirare la cinghia, visitabile fino al 17 giugno.
Sono previsti anche altri appuntamenti, tra i quali un saggio teatrale, un concerto, una cena sulla cucina ai tempi della Grande Guerra, una passeggiata storica e due conferenze. Sul sito dei Musei Comunali Valsamoggia trovi il programma completo degli eventi.
Lascia un commento