Antonio Gramsci è un simbolo dell’antifascismo italiano. La sua vicenda umana e politica ha simboleggiato le contraddizioni, le difficoltà e gli slanci della Sinistra italiana tra la Prima guerra mondiale e il regime fascista. Questa figura d’intellettuale “organico” al Partito comunista d’Italia ha affascinato generazioni di militanti. I trascorsi nelle carceri del regime e la morte, di poco successiva alla proclamazione dell’Impero, ne hanno accresciuto l’aura, elevandolo a mito identitario. Dopo la Liberazione Togliatti lo ha “riletto” per legittimare il rinnovamento comunista, inserendolo in un “pantheon” poi condiviso da molti altri leader del partito. Che cosa resta, però, del messaggio di Gramsci dopo gli “usi politici” di tutto il secondo dopoguerra?
Riscoprire Antonio Gramsci
Come molti uomini divenuti “icone loro malgrado”, viene spesso citato (o “brandito”) senza una reale conoscenza del suo pensiero. Che cosa visse, però, Antonio Gramsci? Come descrisse la realtà italiana e i suoi problemi? Quali soluzioni immaginò per uscire dalla clandestinità imposta dal fascismo agli oppositori? Perché non smise di studiare e pensare neppure nelle carceri del regime?
Mi sono posto più volte queste domande, affascinato da una figura umana e politica troppo profonda per lasciarmi indifferente. Come storico, ritengo che recuperare l’analisi politica di Antonio Gramsci sia fondamentale per comprendere la prima parte del Novecento italiano. Dai Quaderni del carcere emergono riflessioni e studi che inquadrano la società attraverso le lenti di un marxismo non sempre ortodosso. A una notevole lucidità interpretativa si combinano sfumature di amarezza e slanci di volontarismo, tipici di un detenuto che ha ben poco da perdere. Ma a sorprendere maggiormente è un altro elemento di profonda umanità.
Un inno alla curiosità
Come può un uomo immaginare il futuro dietro le sbarre? Perché dovrebbe pensare al domani, quando paga il prezzo della libertà negata con la violenza? Forse per sopravvivere, o probabilmente perché ama troppo la vita. E crede che l’umanità, nel profondo della sua natura, non sia sempre e comunque malvagia.
Forse è proprio per questo che Antonio Gramsci studia senza sosta la cultura delle élite e il folklore, i costumi degli italiani e le strutture del fascismo. Non riesce a immaginare un’esistenza senza prospettive, neppure nel luogo che gli aveva sottratto il presente e il futuro.
Questa energia curiosa innerva un pensiero “datato”, perché inserito in un contesto ormai lontano, eppure per certi versi ancora attuale. Ostile all’indifferenza e incline alla responsabilità. Desideroso di capire il popolo, unico soggetto realmente sovrano.
Appuntamento a Spilamberto per la conferenza Capire il popolo
Che cosa ci racconta Antonio Gramsci del mondo di oggi? Ha davvero “l’attualità perenne” che caratterizza i classici? Domenica 25 febbraio rifletterò su queste domande insieme al Circolo Gramsci Giovani Terre di Castelli in una conferenza-conversazione dal titolo Capire il popolo. Appuntamento alle ore 19:30 presso il PanaRock di Spilamberto in via Ponte Marianna 35.
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