Nell’anno scolastico 2017/2018 ho realizzato un progetto di didattica sulla storia del terrorismo presso l’I.I.S. “A. Paradisi” di Vignola (MO). Le attività hanno coinvolto docenti di storia e diritto, adottando una prospettiva diacronica e trattando l’argomento in relazione ai principi fondamentali della Costituzione italiana.

Storia del terrorismo… in breve

Il terrorismo è un’esperienza di vita che caratterizza in modo peculiare il XX secolo e il mondo del Terzo millennio. Iniziato con l’attentato di Gaetano Bresci a Umberto I, il Novecento diventa il «Secolo breve» (Eric J. Hobsbawm) quando i colpi di Gavrilo Princip uccidono l’arciduca dell’Impero austro-ungarico a Sarajevo. Il 28 giugno 1914 è proprio l’azione terroristica dello studente serbo-bosniaco a innescare definitivamente l’effetto-domino che porta gli imperialismi e i nazionalismi d’Europa a cozzare nella Grande Guerra.

L'attentato di Sarajevo in un'illustrazione di Achille Beltrame per la Domenica del Corriere - didattica storia del terrorismo

L’attentato di Sarajevo in un’illustrazione di Achille Beltrame per la Domenica del Corriere

Nella società di massa gli attacchi e i sabotaggi individuali assumono un’eco e una rilevanza assai maggiori rispetto al passato. Agli attentati organizzati per uccidere personalità politiche e membri della classe dirigente si aggiunge la consapevolezza di poter utilizzare la paura come strumento di controllo nei confronti del popolo. Il carattere totale della Prima guerra mondiale sdogana un livello di violenza inedito nell’Europa occidentale, se non nelle relazioni con gli abitanti indigeni delle colonie. Al termine del conflitto parecchie società oscillano fra le minacce rivoluzionarie e le spedizioni punitive dei corpi paramilitari.

I sistemi totalitari si servono del terrore per affermare il proprio potere in tutti i gangli della vita civile. Per abbattere le loro strutture, i movimenti clandestini di opposizione sono costretti ad agire nell’ombra. Quando il secondo conflitto mondiale avvia il declino dell’Asse tra i fascismi, le forze antagoniste più radicali e risolute cercano di organizzare movimenti di Resistenza capaci di opporsi anche con la violenza al sistema che ha generato la discriminazione politica, sessista e razziale.

Le lotte di liberazione nella Seconda guerra mondiale

Nell’Italia occupata dai nazisti e lacerata dalle imposizioni della Repubblica di Salò, i Gruppi di azione patriottica (GAP) si propongono di rispondere alle violenze fasciste per portare a termine con successo le «tre guerre» (di liberazione, civile e di classe, Claudio Pavone) del 1943-1945. I gappisti, formati e diretti dal Partito comunista italiano, organizzano attentati e sabotaggi contro le forze armate tedesche e fasciste per evitare che gli italiani si rassegnino nuovamente alla presenza armata della svastica e del littorio.

Il fascismo uccide: gli impiccati di Pratomaggiore

Gli otto partigiani impiccati dai nazisti, con la fattiva collaborazione della RSI, a Pratomaggiore di Vignola il 12 febbraio 1945

Le azioni dei GAP generano miti e innescano polemiche, frutti non solo delle differenze tra le memorie, ma anche (e soprattutto) del cattivo uso pubblico della storia. Per capire le tensioni del secondo dopoguerra è necessario valutare adeguatamente la natura e le ragioni che orientarono la guerra dei GAP, intrecciando tali considerazioni all’analisi degli effetti prodotti dai rastrellamenti tedeschi e fascisti. Queste diverse forme di terrore hanno inciso profondamente sulle memorie e sulle identità delle comunità, generando le condizioni per nuove esperienze di violenza in clandestinità.

Gli «anni di piombo»

Gli «anni di piombo» mostrano la contrapposizione latente e insanabile fra uno Stato pronto a seguire le richieste dei moderati, inclini a controllare la democrazia attraverso una «strategia della tensione», e gli eredi del sogno rivoluzionario. Lo stragismo di matrice neo-fascista e gli attentati compiuti dalle Brigate Rosse sono troppo spesso sovrapposti nell’immaginario collettivo degli italiani. Ne ho parlato anche in questo post.

Storia del terrorismo in Italia. Milano, piazza Fontana. L'interno della sede della Banca nazionale dell'Agricoltura dopo l'esplosione della bomba il 12 dicembre 1969

Milano, piazza Fontana. L’interno della sede della Banca nazionale dell’Agricoltura dopo l’esplosione della bomba il 12 dicembre 1969

A oltre quarant’anni dal’«eco di un boato» (titolo di un saggio del professor Mirco Dondi sulla «strategia della tensione»), gli storici devono attivarsi per disseminare conoscenze e consapevolezze nella società. Senza comprendere quel periodo non è infatti possibile affrontare la fase delle stragi mafiose, caratterizzata da una complessa e non sempre trasparente dialettica fra lo Stato e i clan. A tale proposito, il legittimo e per certi versi inevitabile radicamento dei martirologi e dei miti non contribuisce a consolidare l’approccio analitico della storia.

«Scontro di civiltà»?

Gli strumenti della critica risultano tanto indispensabili quanto difficili da diffondere tra le masse anche in relazione a un altro topos della retorica tardo-novecentesca. Si tratta del presunto «scontro di civiltà» fra Occidente Cristiano e medio-Oriente islamico. Questo concetto è stato assunto assai diffusamente come paradigma interpretativo del Terzo millennio dopo gli attentati dell’11 settembre 2001.

Da quel giorno prima Al-Qaeda, poi Daesh sono diventati gli spauracchi delle masse statunitensi ed europee. Ad alcuni colpi terribili nei centri del Vecchio continente (Londra, Madrid, Parigi, Nizza, Bruxelles) si aggiunge uno stillicidio di azioni compiute nei veri teatri della violenza globale (Medio Oriente e Corno d’Africa su tutti), sul quale i riflettori dei media restano spenti.

Mettere in luce le contraddizioni e le menzogne della retorica sullo scontro di civiltà è fondamentale non soltanto per la salvaguardia dell’etica intellettuale, ma soprattutto per la formazione di relazioni internazionali più pacifiche, solidali e costruttive. Nell’era del Web 2.0, delle «fake news» e della crescita esponenziale di movimenti politici xenofobi, conoscere meglio storicamente il fenomeno terroristico attraverso il Novecento può aiutare i cittadini e gli studenti a sviluppare un pensiero critico e un metodo per valutare diacronicamente i problemi dell’Oggi.

Metodologia e struttura del laboratorio

L’attività si rivolge alle classi quinte delle scuole secondarie di secondo grado. 

Il laboratorio si articola in 4 incontri di 2 ore per ogni classe aderente. Le attività si svolgono in aula con l’ausilio di una lavagna LIM o di un proiettore. Nel corso delle lezioni sarà proposta la lettura critica di alcune fonti storiche per fornire elementi metodologici, molto importanti per l’elaborazione di uno spirito critico. Si prevede inoltre una visita opzionale di una mattinata a Bologna sui luoghi della memoria delle stragi.

  • «Che cosa vuol dire terrorismo?»: confronto introduttivo con brain-storming fra lo storico e gli alunni sul significato del termine e sulla possibilità di ricostruirne le variazioni nel corso della storia.
  • «Rivolte, attentati e repressione di Stato in Italia tra il 1900 e il 1945»: confronto tra attentati e sabotaggi anarchici, strategia rivoluzionaria socialista, squadrismo fascista e “terrorismo di Stato”. I GAP: la Resistenza e il «terrorismo urbano» nei rapporti con la violenza nazista e fascista. Proiezione verso il secondo dopoguerra.
  • «Che cosa sono gli anni di piombo»? La «strategia della tensione» e la natura dei movimenti eversivi tra il 1965 e il 1980.
  • «Scontro di civiltà? Istruzioni per non cascarci»: il terrorismo di matrice islamica e le sfide culturali del Terzo millennio, dalla globalizzazione ai “prodotti di scarto” del colonialismo.
  • Visita d’istruzione a Bologna (opzionale): stazione centrale delle Ferrovie (memoriale del 2 agosto 1980), Palazzo d’Accursio (“strage” del Biennio Rosso, seguita all’assalto fascista del municipio) e Museo della Memoria di Ustica.
Storia del terrorismo in Italia. Alla stazione ferroviaria di Bologna l'orologio che si affaccia sui fabbricati distrutti dall'esplosione del 2 agosto 1980 continua a segnare le 10:25

Alla stazione ferroviaria di Bologna l’orologio che si affaccia sui fabbricati distrutti dall’esplosione del 2 agosto 1980 continua a segnare le 10:25

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Daniel Degli Esposti

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