Dal 1944 a Soliera il 20 novembre non è una data come le altre. L’ho capito un anno fa, quando l’Amministrazione comunale mi ha chiamato a presentare le ricerche per l’Atlante delle stragi naziste e fasciste in Italia. Nella nebbia dell’autunno la pianura mi sembrava ancora raccontare i Fatti d’armi di Limidi. Immaginavo che la memoria di questo nodo cruciale per la Resistenza modenese fosse stimolante. Mi sbagliavo: era molto di più.
Sono trascorsi 73 anni dal giorno in cui Limidi e Soliera hanno rischiato di diventare nubi di polvere e cumuli di macerie. Eppure, nel sentire comune di molti, sembra che tutto sia successo l’altro ieri. Non c’è da sorprendersi. Certi momenti sono troppo densi per scivolare nel buco nero del passato, dove l’oblio ghermisce i fatti e le interpretazioni. I loro echi sopravvivono, si confondono con il mito, diventano epica. Scintillanti, ma sempre più distanti dalla nostra quotidianità. Come riavvicinarli al vissuto di chi li ricorda?
Fatti d’armi di Limidi…
Quanta storia e quanta vita si nascondono in queste cinque parole! Nella loro reticenza bisogna saper leggere, proprio come nella modestia dei testimoni più timidi. Basta fermarsi un momento ad ascoltare le memorie della comunità per lasciarsi sedurre dal desiderio di esplorare, cercare e capire la sua storia. Altro che “fatti d’armi”: in gioco ci sono le vite di donne e uomini, cresciuti in una pianura che insegna a condividere. Una vicenda troppo intensa per non entrare nella narrazione di Resistenza mAPPe.
Quando ho cominciato a lavorare ai percorsi di Soliera, ho deciso che uno dei piccoli viaggi nella pianura doveva entrare nei fatti d’armi di Limidi. Per esplorarli bene, tuttavia, ho sentito il bisogno di ripercorrere le vicende della comunità attraverso i venti mesi della Resistenza. Il titolo dell’approfondimento è venuto da sé, poiché quella “Piccola Russia” di pianura è sempre stata L’«Accademia» dei partigiani. Il luogo perfetto per immaginare un mondo di giustizia, libertà e uguaglianza.
La serata di presentazione
Come presentare al pubblico un progetto di Digital Public History? Dare la parola ai committenti e ai protagonisti è sempre bel modo per svelarne il senso e gli obiettivi. Tocca all’assessore Andrea Selmi fare gli onori di casa, raccontando l’impegno dell’Amministrazione a sostegno della ricerca. Ne parla con orgoglio, perché Soliera è il primo comune non capoluogo a entrare in Resistenza mAPPe Emilia-Romagna. Nel discorso traspare lo stesso entusiasmo competente che gli ha permesso di seguire e agevolare tutte le fasi del lavoro.
Storie di vita
In serate come questa, però, l’esplorazione guidata del sito non basta. Bisogna recuperare un elemento della cultura che anima la comunità di riferimento: l’abitudine a condividere un racconto. Perché no? Intrecciare storia e memoria in una narrazione-spettacolo è un bel modo per avvicinare anche gli scettici delle nuove tecnologie.
Il contesto mi permette di raccontare vicende rimaste fuori da Resistenza mAPPe Soliera per limiti di spazio. Un esempio? Quello che accade il Primo Maggio 1944, quando alcune squadre di partigiani entrano in paese senza trovare opposizione. La Casa del Fascio diventa per qualche ora “Casa del Popolo”, ma a giornata inoltrata i “ribelli” devono rientrare alle basi. Non è ancora il momento dell’insurrezione generale, quindi la formazione di Vasco Lugli “Marcon” rientra alla base di Limidi. Presi dall’euforia i partigiani si dirigono verso le scuole elementari, dove sei militi fascisti formano un posto di osservazione. Li attaccano e li disarmano: per la prima volta un’azione della Resistenza scioglie un presidio repubblicano nel modenese.
La ricerca che Raffaella Clarelli ha trasformato nel libro Violenza e memoria mi porta sulle tracce di testimonianze mozzafiato. Costruisco un percorso che alterna alle ricostruzioni storiche le voci dei protagonisti, riproposte al pubblico attraverso letture espressive.
«Sai, non c’era nessuno lì, le case bruciavano […] chi urlava, chi piangeva, chi fumava, chi rideva, c’era di tutto. Io, a dirle la sincera verità… davanti alla chiesa a Limidi c’è un platano… davanti proprio alla chiesa… e c’erano le foglie cadute perché era il 20 di novembre. Io muovevo quella foglia lì e dicevo: “Faccio la fine di quella foglia lì”»
Testimonianza di Italico Catellani, uno dei trenta ostaggi minacciati di fucilazione durante i Fatti d’armi di Limidi
La Public History: un filo tra passato e presente
Concludo la narrazione in un silenzio carico di significati. Sembra che un filo unisca il passato al presente: è la Public History, che riporta alla luce la storia per farla parlare alla comunità. Non è soltanto un modo di ricordare i fatti d’armi di Limidi. Serve soprattutto a comprendere il senso di un’epoca decisiva per la pianura modenese e per la società italiana. Uno snodo cruciale, che emerge con forza attraverso il vissuto della comunità di Soliera.
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