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La strage di villa Martuzzi a Vignola

Nei primi giorni di marzo del 1945 i vignolesi scoprono la strage di villa Martuzzi. Sulla collina di Campiglio compaiono le prove di un evento che rivela una volta di più la tragicità della Seconda guerra mondiale. Nel cortile della villa Martuzzi emergono i corpi di 17 persone, uccise dalle SS e sepolte di nascosto negli ultimi giorni del 1944. Ma come si arriva a questo atto di violenza? Perché fatti così drammatici si verificano proprio a Vignola?

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La scoperta della strage

La strage di villa Martuzzi viene scoperta quasi per caso. Il 23 febbraio 1945 la collina di Campiglio è infatti investita da un bombardamento aereo. Le esplosioni sventrano in parte la residenza padronale dei conti Martuzzi-Ripandelli.

Così, nei giorni successivi, i contadini dei fondi limitrofi entrano nel giardino della villa per fare scorte di legna. È una scelta rischiosa, poiché le leggi di guerra puniscono molto duramente chi abbatte gli alberi pubblici o di proprietà altrui per scaldarsi. Tuttavia il freddo è ancora pungente, quindi diverse persone scelgono di rischiare, pur di mettere le mani sulla legna.

Storia di Vignola dalla Resistenza alla ricostruzione. Villa Martuzzi, sulla collina di Campiglio, dopo i bombardamenti aerei del febbraio 1945. Foto archivio Gruppo Mezaluna Mario Menabue

Villa Martuzzi, sulla collina di Campiglio, dopo i bombardamenti aerei del febbraio 1945. Foto archivio Gruppo Mezaluna Mario Menabue

Nel mattino del 1° marzo uno dei contadini vede qualcosa di strano, che emerge da un cumulo di terra. Si avvicina e nota che sono arti umani. Si rende presto conto che è di fronte a una fossa comune. Davanti a quell’orrore, dimentica subito il pericolo della punizione e corre a chiedere l’intervento delle autorità. Il cronista vignolese Leone Cavalli racconta quei fatti con parole eloquenti.

Oggi, da alcuni, è stata fatta un’agghiacciante scoperta: in una fossa, scavata poco profondamente e che lascia supporre essere stata scavata di recente, sono stati rinvenuti 14 cadaveri, comprese due donne di giovane età. Tutti i cadaveri, che recano evidenti tracce di orrende torture, avevano in tasca i documenti di identificazione; si è potuto così accertare trattarsi di persone del Comune di Guiglia, che erano state rastrellate nello scorso Natale e che si riteneva fossero state inviate in Germania.

Il recupero delle salme

I militi dell’Unione nazionale protezione antiaerea sono incaricati di disseppellire le salme. Virginia Girgenti ricorda lo shock provato dai suoi fratelli Paolo e Giuseppe, attivi nell’estrazione dei corpi. Nonostante i conati di vomito e i rischi di svenimento, i due giovani tornano a casa solo dopo la ricomposizione dei cadaveri. Per molte notti si sveglieranno in preda a incubi e a moti di sconforto. Otto giorni dopo la prima denuncia, gli addetti al disseppellimento dei cadaveri scoprono che nel giardino della villa c’è una seconda fossa, da cui vengono estratti altri tre corpi.

a casa nostra - stragi naziste e fasciste in provincia di Modena - estrazione dei corpi dalle fosse comuni di villa Martuzzi

L’estrazione dei corpi dalle fosse comuni di villa Martuzzi. Foto tratta dal saggio storico “Memorie sepolte. La guerra aerea e le macerie del quotidiano nelle Terre di Castelli”

Chi erano le vittime della strage di villa Martuzzi

Nel giro di qualche tempo, emergono notizie sulla provenienza delle vittime. Il 23 dicembre 1944 il reparto delle XVI Panzergrenadier Reichsführer SS con codice di posta da campo 44848 ha avviato un’operazione di rastrellamento tra Guiglia e Castello di Serravalle. La storica Ilva Vaccari sostiene che volessero vendicare il ferimento di un soldato tedesco nella borgata vignolese di Tavernelle, ma appare più probabile che l’operazione fosse dovuta alla volontà di assestare un duro colpo alla Resistenza nella fascia pedemontana tra il Panaro e il Samoggia.

I partigiani di quelle zone si sganciarono senza perdite, ma secondo la testimonianza dello storico dell’arte Pietro Zampetti «i tedeschi prelevarono sedici persone dalle loro abitazioni. Tra questi, cinque avevano oltre cinquant’anni, sei dai trenta ai quarantacinque, solo cinque avevano da venti a ventitré anni, comprese le due ragazze. […] Quei militari, armati fino ai denti, penetrarono nel paese e vennero persino entro il castello, sebbene quasi completamente in mano all’ospedale militare»; lo fecero «contro la volontà stessa del comandante germanico, che, sceso nelle vie, cercava con ogni mezzo di farli allontanare».

Gli ostaggi furono condotti insieme a un altro prigioniero nella villa Martuzzi, dove i nazisti li sottoposero a interrogatori e torture. Le persone che subirono questo trattamento furono Clinio, Marsilia, Pietro e Tilde Amici, Felice Bassini, Primo Bigi, Guglielmo Borghi, Ildebrando Cornacchi, Avito Magni, Nicola Nervuti, Guido Palmieri, Giovanni Piani, Dario Piccioli, Alberto Pisanelli, Artemisio, Elio e Raimondo Uccellari.

Alcuni contadini dei dintorni raccontarono che, nell’ultima settimana dell’anno, i rumori delle feste e delle baldorie si alternavano a grida strazianti. Si suppone che le SS abbiano torturato, seviziato e ucciso le 17 vittime fra il 24 e il 31 dicembre 1944, occultando poi i corpi in due fosse comuni.

Un episodio emblematico e “scomodo” da ricordare

La strage di Villa Martuzzi avvenne secondo una modalità che caratterizzò diversi atti di violenza nazista nel secondo inverno dell’occupazione tedesca. Le SS rastrellarono i prigionieri, li condussero in un luogo chiuso e li torturarono, probabilmente a oltranza, per ricavare informazioni utili.

L’uccisione era il culmine di un procedimento tanto violento quanto segreto: il silenzio delle mura proteggeva gli aguzzini e li incitava a infierire sui prigionieri.

La diffusione di questa strategia rivelò due aspetti del conflitto. Da un lato, la guerra totale favoriva lo scatenarsi di una violenza estrema. Dall’altro, in alcuni casi, la consapevolezza dell’imminente sconfitta spinse i tedeschi a limitare le esposizioni pubbliche di cadaveri e a nascondere (o a cancellare) le prove delle stragi.

L’occultamento dei cadaveri portò i familiari delle vittime a vivere in maniera straziante il riconoscimento dei propri cari. Il ritrovamento delle fosse comuni fece infatti svanire la speranza che, dopo il rastrellamento, fossero stati deportati in Germania per lavorare. Anche la comunità vignolese rimase sconvolta dalla scoperta della strage di villa Martuzzi, ma per anni non organizzò commemorazioni di quella tragedia. La memoria pubblica onorava i caduti di Pratomaggiore, che rappresentavano in maniera esemplare le speranze della Resistenza. Oggi è però importante ricordare e comprendere anche la strage di villa Martuzzi, che rivela chiaramente la tragicità della guerra e delle violenze generate dai fascismi europei.

Per saperne di più

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