Domenica 13 ottobre 2019 abbiamo raccontato storie di Resistenza sull’Appennino reggiano. Dopo le celebrazioni per il 75° anniversario della strage di Manno, il trekking storico Toano. Il fuoco e la lotta ci ha permesso di ripercorrere alcune vicende della Seconda guerra mondiale e della lotta partigiana. Tra le valli del Secchia e del Dolo abbiamo esplorato strade e sentieri per riportare alla luce episodi importanti e storie di vita. L’iniziativa è stata promossa dal Circolo ARCI Alete Pagliani e dalla sezione ANPI di Sassuolo.

L’autunno dell’incertezza e l’inizio della Resistenza

Il nostro viaggio è cominciato da piazza Libertà, un luogo ricco di storie. Sembra quindi fatto apposta per suscitare una riflessione sui rapporti tra i militari e la popolazione. Quanti appuntati e marescialli cercano l’amore tra le vette e le valli reggiane per non vivere una giovinezza di trasferimenti! E quali effetti genera il matrimonio tra una ragazza dei monti e un uomo dello Stato? Fino ad allora le istituzioni sono state infatti molto distanti dalle popolazioni più umili. Bastano davvero alcune nozze per parlare di fiducia reciproca? Queste domande restano aperte per invitarci a pensare, così come i tanti interrogativi sulle condizioni di vita delle donne nelle campagne di allora.

I rapporti tra militari e civili diventano ancora più complessi a partire dalla serata dell’8 settembre 1943, quando l’annuncio dell’armistizio cambia radicalmente la storia della Seconda guerra mondiale in Italia. I soldati, i toanesi e gli altri abitanti dell’Appennino reggiano si ritrovano impotenti di fronte all’occupazione nazista. Tuttavia le montagne offrono nascondigli a chi non vuole più sentire parlare di combattere per Hitler. Quando Mussolini lancia la Repubblica sociale italiana e chiama alle armi i giovani, le famiglie sentono di non poter più stabilire un rapporto di fiducia con queste nuove figure del potere militare. Diversi ragazzi si danno quindi alla macchia, trovando riparo tra i boschi e i borghi dell’Appennino.

Resistenza Appennino reggiano

La partenza del trekking storico “Toano: il fuoco e la lotta”

I primi passi della Resistenza sull’Appennino reggiano

I primi uomini determinati a radunare intorno a sé i renitenti alla leva sono il maestro Ezio Bernabei e don Nino Monari, parroco a Massa di Toano. Non immaginano una serie di attacchi ai nazisti e ai fascisti, ma sono convinti di potersi difendere dai loro blitz. Ogni volta che le forze armate della RSI perlustrano il territorio alla ricerca dei giovani, Bernabei e don Monari sfruttano la conoscenza del territorio per trovare la salvezza.

Difendersi, però, non basta più. Nell’autunno del 1943 gli antifascisti comprendono che il popolo rischia di rassegnarsi alla presenza dei nazisti. I più decisi vogliono passare all’attacco per non smarrire la speranza della libertà. La storia della Resistenza sull’Appennino reggiano comincia con le azioni di gruppi tanto piccoli quanto determinati. Il primo di tutti è la banda di Aldo Cervi, che comprende i sette fratelli, alcuni russi, qualche ex prigioniero alleato e pochi partigiani comunisti.

Secondo autorevoli storici modenesi e reggiani, la formazione dei fratelli Cervi avrebbe messo a segno il primo colpo proprio a Toano. Tra il 25 e il 26 ottobre la banda partigiana di Aldo avrebbe attaccato la caserma dei carabinieri di Toano e disarmato i militari. Nella notte successiva i Cervi avrebbero prelevato grano dall’ammasso di Quara. Secondo Ermanno Gorrieri, invece, non è possibile collegare inequivocabilmente questi fatti all’azione di Aldo e del suo gruppo. L’attacco alla caserma avrebbe inoltre avuto uno scopo puramente dimostrativo: i carabinieri disarmati sono solo due e vengono fermati lungo la strada per Quara.

In ogni caso, la caserma dei carabinieri di Toano è un luogo importante per raccontare le origini della Resistenza sull’Appennino reggiano. I partigiani tentano di sottrarre armi ai militari e ci riescono, probabilmente senza che questi ultimi oppongano particolare resistenza. Da quell’azione comincia la lotta dei primi “ribelli della montagna”: sono quelli più convinti di dover abbattere il fascismo, ma anche quelli più disperati, poiché i fascisti setacciano il territorio per mandarli a combattere.

Ci allacciamo addosso tutte queste storie, mentre ci incamminiamo verso la seconda tappa del nostro piccolo viaggio nella Resistenza sull’Appennino reggiano.

I rastrellamenti fascisti

Ci spostiamo dalla piazza per poche centinaia di metri e arriva subito un’altra storia. Non è semplice raccontarla, poiché impone di guardare nel profondo del conflitto totale. Nell’autunno del 1943 i partigiani s’immergono infatti in un sistema di violenze che è al tempo stesso una lotta per la liberazione dai tedeschi, una guerra civile contro i fascisti e uno scontro di classe con i “padroni”.

Anche a Toano i militi della Repubblica sociale italiana soffiano sul fuoco della guerra civile. Nella seconda metà di novembre Mussolini intensifica il reclutamento dei giovani per costruire le proprie forze armate. Lo scarso entusiasmo dei ragazzi induce tuttavia i fascisti a usare le maniere forti. In diversi casi i militi di Reggio Emilia salgono sui camion per raggiungere le località della provincia e cercare i renitenti alla leva.

Il 18 novembre i fascisti arrivano a Toano quando è appena finita la funzione religiosa delle Quarantore. Sono le 9 del mattino e Raoul Santi si trova al lavoro nei campi di Casa Bonci. I militi della RSI cominciano a sparare e una delle fucilate lo colpisce in pieno, uccidendolo sul colpo. Nel frattempo gli uomini di Mussolini catturano altri ragazzi e li caricano sui camion, poi si rimettono in marcia verso Reggio Emilia.

Resistenza Appennino reggiano

La narrazione sui rastrellamenti fascisti. Foto di Paola Gemelli

A quel punto Ezio Bernabei e don Nino Monari decidono di entrare in azione. Costeggiano la strada dall’alto fino a Massa, poi si fermano davanti a un dirupo e attendono l’arrivo dei fascisti. Poco prima che passino i camion, i due partigiani sganciano alcune bombe a mano, generando un grande scompiglio. Nel parapiglia gli ostaggi trovano il modo di fuggire, scampando così al servizio militare o alla deportazione per lavoro.

Violenze e speranze

Le forze armate della Repubblica sociale italiana non rinunciano tuttavia ad altre azioni di rastrellamento. Il 25 novembre l’azione delle spie permette loro di arrestare i sette fratelli Cervi insieme a papà Alcide e ad altri componenti della formazione partigiana. Il 28 dicembre Gelindo, Antenore, Aldo, Ferdinando, Agostino, Ovidio ed Ettore Cervi vengono fucilati al poligono di tiro di Reggio Emilia insieme a Quarto Camurri.

Il 21 gennaio 1944 a Villa Minozzo viene arrestato anche un altro protagonista della Resistenza sull’Appennino reggiano. Si tratta di don Pasquino Borghi “Albertario”, un sacerdote che ha aiutato prigionieri in fuga e partigiani nella parrocchia di Tapignola. Nove giorni dopo la cattura, i fascisti lo condannano a morte e lo fucilano nel poligono di tiro di Scandiano. La sua tragica fine non soffoca tuttavia le attività di tanti altri parroci e religiosi, pronti a impegnarsi per salvare chi ha bisogno e per porre fine una volta per tutte a quella guerra così dura.

La speranza della pace torna a prendere forma, quasi di colpo, tra la fine della primavera e l’inizio dell’estate. Con la bella stagione la Resistenza entra in una fase di slanci e illusioni, progetti e ambizioni. Per noi è quindi il momento di passare a un’altra tappa… e a un’altra storia.

La zona libera di Montefiorino

Nella prima metà del giugno 1944 i fascisti abbandonano Ligonchio, Toano e Villa Minozzo. La Resistenza dell’Appennino reggiano entra in una fase di slanci ed entusiasmi, vissuta in sinergia con le formazioni della montagna modenese. A Toano arrivano i toscani della brigata “Bozzi”, che il 13 giugno convocano alcuni rappresentanti delle parti sociali per formare un Comitato di cittadini. Sono i primi passi di un’amministrazione comunale distinta dal potere militare delle forze partigiane.

Nelle settimane successive la Resistenza modenese e reggiana consolida la zona libera di Montefiorino. A Toano arriva la Divisione “Ciro Menotti”, formata in prevalenza da partigiani sassolesi e montanari. I punti di riferimento militari sono i comunisti Giuseppe e Norma Barbolini, ma anche i cattolici Mussini e Dal Borgo incidono sulla vita quotidiana della popolazione. Dal momento che i nazisti e i fascisti non riescono più a entrare in paese, in un certo senso la guerra sembra finita.

Resistenza Appennino reggiano - La tappa narrativa sulla zona libera di Montefiorino. Foto di Paola Gemelli

La tappa narrativa sulla zona libera di Montefiorino. Foto di Paola Gemelli

Sogni e progetti

Le formazioni della Resistenza incentivano la formazione di giunte e consigli comunali in tutti i municipi della zona libera. A Toano si vota il 13 luglio: i capifamiglia sono chiamati ad approvare una lista già predisposta, poiché non è possibile organizzare un’elezione con più candidati. Non è certo un esempio di democrazia compiuta, ma prende forma dopo vent’anni di dittatura. Il sindaco Remo Ghirardini, il vicesindaco e i quattro assessori si propongono di ripristinare i servizi indispensabili. Si occupano dell’approvvigionamento, distribuiscono i generi razionati e la farina ai meno abbienti. Assistono inoltre vecchi, inabili, congiunti poveri di militari prigionieri o dispersi.

Non è facile comprendere la fase storica della zona libera con gli occhi di oggi. Molte soluzioni adottate allora ci sembrano rozze e inefficaci. Abbiamo quasi la sensazione che siano il frutto di un lavoro troppo frettoloso per funzionare davvero. È proprio così, ma gli organizzatori della Resistenza non possono imputarsi colpe particolarmente dure. Costruire una zona libera in mezzo alla guerra totale è infatti un’impresa superiore alle possibilità dei protagonisti. Non è possibile risolvere problemi secolari in poche settimane e, per di più, sotto la minaccia dei rastrellamenti. Di quelle esperienze ancora oggi resta la forza di proiettare lo sguardo in avanti, al di là della guerra e della paura, per ritrovare l’abitudine a riflettere sui modi di stare insieme.

L’Operazione Wallenstein III

Il trekking ci porta poi a scoprire una storia molto meno brillante e “mitica” rispetto a quella della tappa precedente. A Toano restano infatti vive memorie di giorni infuocati. La guerra totale lascia ancora il proprio segno sui ricordi familiari e sui racconti diffusi nella comunità. Alcune delle pagine più dolorose e difficili risalgono agli ultimi giorni della zona libera, quando i nazisti si preparano all’attacco decisivo.

Negli ultimi giorni di luglio i comandi germanici vogliono mantenere liberi i valici dell’Appennino, indebolire le formazioni partigiane e catturare uomini per deportarli in Germania oppure impiegarli nei lavori di costruzione delle postazioni difensive. La Resistenza non riesce a reggere i colpi dell’offensiva. Le armi scarseggiano e molti partigiani non hanno mai affrontato un combattimento così duro. A Toano arrivano reparti in ripiegamento, che cercano di mettere in salvo i feriti, ma non sempre sono in grado di farlo. La situazione è tremendamente complessa e caotica, ma la Resistenza dell’Appennino reggiano trova il modo di raggiungere luoghi più sicuri, dove riorganizzare le proprie forze.

I paesi della zona libera si trovano invece dinanzi alla voglia di vendetta dei reparti germanici e dei fascisti. Il 5 agosto i nazisti e i militi della RSI incendiano Toano: 55 famiglie restano senza casa e brucia anche la Pieve matildica. Oltre 200 giovani del paese, di Ligonchio e di Villa Minozzo vengono inoltre rastrellati. Diversi di loro finiscono nelle ex miniere di Kahla, nella regione tedesca della Turingia, dove lavorano alla costruzione di cacciabombardieri a reazione per l’aviazione di Hitler. Vivono in condizioni tremende, sfruttati fino all’ultima goccia di energia e impossibilitati a uscire. Non possono vedere la luce neppure nei pochi momenti di riposo.

Resistenza Appennino reggiano - La tappa narrativa presso la pieve matildica di Toano. Foto di Paola Gemelli

La tappa narrativa presso la pieve matildica di Toano. Foto di Paola Gemelli

Sembra che tutto sia finito, eppure i partigiani tornano in zona solo dieci giorni dopo. Comincia una nuova fase della Resistenza, che nel breve volgere di poche settimane porta a realizzare una seconda “zona libera”. Toano, Villa Minozzo e Ligonchio non vedono più la presenza dei fascisti, quindi le amministrazioni comunali elette nel corso dell’estate riprendono il lavoro.

Valentina Guidetti “Nadia”

Resistenza Appennino reggiano

A questo punto del nostro trekking era giunto il momento di prenderci un po’ di tempo per una storia di vita che ci permettesse di avere un quadro più completo della realtà dell’Appennino e di quei mesi di guerra. Era giunto il momento di dare voce a quella che per molto tempo è stata una storia taciuta.

Nelle donne reggiane – e tra le operaie soprattutto – il fascismo ha faticato ad attecchire. Allo scoppio della guerra, la giovane toanese Valentina Guidetti rientra a casa dopo anni di lavoro come inserviente presso una famiglia genovese. Ama quella libertà che, cresciuta nel “Ventennio”, non ha mai sperimentato. La sua infanzia è stata anche particolarmente sfortunata ed è dovuta crescere in fretta, accudendo i fratelli. Per questa ragione, forse, è diventata una persona molto responsabile. Nessuno la obbliga a prendere posizione rispetto a quanto sta accadendo: nessuna chiamata alle armi, nessun “aut aut”.  Eppure Valentina fa la sua scelta e, dopo l’8 settembre, muove i primi passi nella Resistenza accogliendo i militari italiani in fuga, poi i primi partigiani che cominciano a operare nella sua zona.

Resistenza Appennino reggiano

Nel giro di un anno Valentina si “arruola” come staffetta e corre tutti i rischi che il ruolo richiede fino all’estremo sacrificio di quel primo aprile 1945, quando viene catturata dai nazisti. Viene torturata per farla parlare e poi uccisa a pugnalate per il suo silenzio. Il suo corpo sarà ritrovato quello stesso pomeriggio sulla strada per Cerrè Marabino, mutilato. La violenza della guerra è ancora più spietata per le donne che osano sfidare gli uomini e l’ordine precostituito. I compagni le intitolano subito il distaccamento, avrà il riconoscimento partigiano e la medaglia d’argento alla memoria. Eppure si dovrà attendere il 1981 per un monumento tutto suo che la ricordasse e tramandasse il senso di quel suo impegno.

Il monumento che ricorda Valentina Guidetti sulla strada per Cerrè Marabino. Foto di Paola Gemelli

La battaglia di Pasqua

Ma cosa sta succedendo in quel 1° aprile 1945 sull’Appennino reggiano? La zona di Toano vive l’ultimo grande combattimento del conflitto. I nazisti cercano di attaccare il territorio occupato dai partigiani, spingendosi fino al Monte della Castagna. Lì arriva un battaglione della brigata “Fiamme Verdi”, che all’inizio viene sopraffatto dall’attacco. Quattro partigiani muoiono e gli altri faticano a contenere l’impeto dei tedeschi. Solo nel pomeriggio l’azione di Valentina Guidetti favorisce l’arrivo di rinforzi. Li portano alcuni partigiani della 26^ brigata Garibaldi, militari alleati e russi aggregati alla Resistenza. Alla sera l’offensiva nazista viene definitivamente respinta, anche se con perdite. Muoiono altri due partigiani delle “Fiamme Verdi”, tra i quali il vicecomandante William Manfredi “Elio”.

Resistenza Appennino reggiano

La narrazione conclusiva del trekking storico “Toano: il fuoco e la lotta!. Foto di Paola Gemelli

Nelle tre settimane successive gli statunitensi e i britannici sfondano definitivamente la Linea gotica. La Resistenza sull’Appennino reggiano arriva dunque all’epilogo. Le formazioni scendono verso la pianura per liberare la città e immaginare un futuro diverso dalla guerra fascista.

Dopo un conflitto totale di venti mesi, arriva finalmente il tempo di costruire la pace. Non è un processo facile, poiché la fame e la rabbia sono diffuse un po’ ovunque. Dalle tensioni della primavera del 1945 non esplode tuttavia una nuova guerra civile. Le comunità dell’Appennino e della pianura cercano di ripartire senza farsi schiacciare dal peso delle macerie. Molte persone mantengono comunque vivo il bisogno di ricordare un periodo talmente intenso da lasciare un segno profondo sulle coscienze. Tante esperienze di guerra e Resistenza restano impresse non soltanto nei cippi e nelle lapidi, che cominciano a punteggiare il territorio, ma anche nel testo della Costituzione.

Cà Marastoni - Resistenza Appennino reggiano

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