Il 18 agosto 2019 ricorre il trentesimo anniversario della morte di Mario Ricci “Armando”, uno degli uomini-simbolo della Resistenza emiliana. Da aprile a settembre sono in programma diversi eventi per ricordare e comprendere le esperienze di un personaggio che ha vissuto da protagonista il Novecento italiano.

Come storico, anch’io sono chiamato a portare un contributo di Public History. Si tratta della mostra Mario Ricci “Armando” dal mito alla storia, che inaugura giovedì 18 aprile 2019 a Pavullo nel Frignano. L’iniziativa è parte del progetto Con Armando nel cuore, curato dal Comitato provinciale modenese dell’ANPI insieme alla sezione di Pavullo. Alla mostra si affiancheranno iniziative di storia, memoria e Public History.

Il mio lavoro è partito da un laboratorio di didattica della Public History, che ho tenuto presso l’Istituto di istruzione superiore Cavazzi-Sorbelli. Grazie all’impegno e all’entusiasmo del professor Luca Caffaro, ho conosciuto un gruppo di studenti attivi e partecipi, che hanno raccolto materiali e testimonianze su Mario Ricci. Insieme a loro ho cominciato a costruire l’impianto narrativo della mostra e dell’history telling che la accompagnerà.

Un progetto di Public History

A destra, Mario Ricci

A destra, Mario Ricci “Armando” nel periodo della Resistenza

A trent’anni dal 1989, le esperienze di Mario Ricci offrono ancora tanti stimoli agli storici. Per oltre quarant’anni Armando ha contribuito in prima persona a costruire e ad alimentare il proprio “mito”. Ha narrato più volte la propria epopea partigiana, proponendosi come guida e simbolo della Resistenza modenese.

Nel corso dei decenni, Armando è stato sostenuto e amato dai suoi uomini. Il racconto delle sue vicende ha dunque una dimensione al tempo stesso individuale e collettiva. Attraverso di lui, i militanti hanno celebrato i gruppi politici e sociali a cui si è legato. L’epopea di Armando è dunque interessante non tanto per la memoria diretta degli eventi, spesso trasfigurata dall’intenzione celebrativa, ma per capire l’uomo e la società che l’hanno creata.

Adottando l’approccio della Public History, la mostra Mario Ricci “Armando” dal mito alla storia analizza la vita dell’uomo a partire dalle “domande” e dalle sollecitazioni che derivano dal presente. Emergono dunque la precarietà del lavoro e la necessità di abbandonare la propria terra per trovare nuove prospettive di vita. Ciclicamente fa capolino la rabbia, che induce alcuni a cercare soluzioni nella violenza e altri a battersi per migliorare le cose “dal basso”. Quasi ovunque, infine, compare lo slancio per una cittadinanza attiva, un’esperienza tuttora diffusa nella provincia modenese, anche nell’era della “società liquida”.

Appuntamento a Pavullo nel Frignano giovedì 18 aprile

Il progetto Con Armando nel cuore è stato presentato ufficialmente sabato 13 aprile al Teatro San Carlo di Modena.

Mario Ricci

La mostra Mario Ricci “Armando” dal mito alla storia ha inaugurato giovedì 18 aprile alle ore 18 presso la Galleria dei sotterranei del Palazzo ducale di Pavullo nel Frignano. Per l’occasione è stato presentato anche il catalogo, pubblicato da Almayer editore (disponibile presso Anpi Pavullo).

La sera del 18 aprile, presso il teatro Walter Mac Mazzieri, si è tenuto l’history telling “Armando”: la vita e la lotta. Le mie narrazioni storiche sono state accompagnate da letture, a cura degli studenti-attori dell’I.I.S. Cavazzi-Sorbelli, e dai brani musicali della BandArmando.

Mario Ricci “Armando”: una storia del Novecento

Mario Ricci “Armando” è un uomo del “Secolo breve”. La sua vita scorre insieme alle principali vicende politiche e sociali del Novecento italiano. Nasce a Sassoguidano di Pavullo nel Frignano il 20 maggio 1908 e a soli 7 anni lascia la scuola per svolgere vari mestieri. Durante la Grande Guerra, sull’Appennino modenese lavorano anche i bambini, altrimenti non si mangia. Nel 1918 Mario contrae l’influenza spagnola: guarisce, ma la crisi di fine conflitto colpisce la sua famiglia. I Ricci diventano mezzadri e “fanno San Martino” tutti gli anni. Poi arriva il fascismo e gli scenari peggiorano ulteriormente.

Nel 1931 Mario emigra per lavoro in Francia: di lì a poco diventa un militante comunista. Quando Francisco Franco guida la ribellione dei militari contro la Repubblica spagnola, gli antifascisti si mobilitano per sostenere il governo legittimo del Fronte Popolare. Mario si arruola come miliziano nelle Brigate Internazionali e impara a conoscere l’amarezza della sconfitta. Rientrato in Francia, subisce un duro internamento fino al 1941, quando rientra in Italia. Allora le autorità fasciste lo mandano al confino a Ventotene.

Opera d'arte realizzata da Franco Ori in occasione della mostra Mario Ricci "Armando" dal mito alla storia, allestita presso la Galleria dei sotterranei del Palazzo ducale di Pavullo nel Frignano dal 18 aprile al 2 giugno 2019 - con Armando nel cuore

Opera d’arte realizzata da Franco Ori in occasione della mostra Mario Ricci “Armando” dal mito alla storia, allestita presso la Galleria dei sotterranei del Palazzo ducale di Pavullo nel Frignano dal 18 aprile al 2 giugno 2019

La Resistenza di “Armando”

Dopo l’arresto di Mussolini rientra a Pavullo, ma riceve subito la chiamata alle armi. Nella notte tra l’8 e il 9 settembre 1943, successiva all’annuncio dell’armistizio, si salva in maniera rocambolesca durante il blitz nazista alle scuole di Maranello. Non accetta che i nazisti e i fascisti lo rendano clandestino nella sua terra. Decide di organizzare la Resistenza nel suo Frignano, ma non può più permettersi di essere Mario Ricci. La guerriglia gli impone di scegliere un nome di battaglia per nascondere la propria identità. Si chiama “Armando”, come il fratello minore, morto nei Balcani nella prima fase della guerra. Vuole far pagare ai fascisti il dolore che prova per una perdita così grave.

La lotta partigiana esalta e getta nello sconforto, alterna azioni e attese, propone successi e problemi. Armando affronta le difficoltà degli inizi, quando fatica a mettere insieme una formazione partigiana. Non si abbatte e rilancia sempre, sfruttando la forza della disperazione: tanti ragazzi lo raggiungono per sfuggire al reclutamento di Mussolini. I comandanti della Resistenza costruiscono le fortune delle formazioni sulla loro voglia di sopravvivere in un mondo migliore.

Un soldato tedesco controlla i documenti a un civile italiano. Mario Ricci

Un soldato tedesco controlla i documenti a un civile italiano. Per evitare di incontrare le forze di occupazione, i partigiani sono costretti a vivere nascosti, evitando quanto più possibile le strade

Nell’estate del 1944 Armando vive la gioia della conquista di Montefiorino e l’esaltazione della zona libera (ne abbiamo parlato qui). Per poco più di 40 giorni un’area di sette comuni (oggi otto) non vede nazisti, né fascisti. È un richiamo per tanti giovani, che sperano di vedere la fine della guerra senza combattere. Tuttavia quell’esperimento di libertà e autogoverno partigiano non può durare. All’inizio di agosto i nazisti attaccano e Armando prova il dolore del ripiegamento.

Nella seconda parte dell’estate deve affrontare le critiche dei “rivali” e fugare i dubbi dei compagni. È dura, perché il tempo peggiora rapidamente. Alla fine di settembre oltrepassa la Linea Gotica e continua la lotta al fianco degli Alleati fino alla Liberazione.

La scorta di Armando nella "Repubblica di Montefiorino". Al centro Enrica Galli, prima "sposa garibaldina". In primo piano “il Milanese” autista di Armando; a destra Osvaldo Clò “il Bolognese”. Dietro Gelsomino Montecchi “Mino”; sullo sfondo Carlo Ernelli “Carlino”; ultimo a destra Bruno (luglio 1944). Foto della famiglia Montecchi

La scorta del comandante partigiano Mario Ricci “Armando” nella “Repubblica di
Montefiorino”. Al centro Enrica Galli, prima
“sposa garibaldina”. In primo piano “il Milanese” autista di Armando; a destra Osvaldo Clò “il Bolognese”. Dietro Gelsomino Montecchi “Mino”; sullo sfondo Carlo Ernelli “Carlino”; ultimo a destra Bruno (luglio 1944). Foto della famiglia Montecchi

Sindaco, onorevole e simbolo della memoria

Quando rientra a Pavullo, Armando trova un paese devastato dalla guerra. Fame e miseria tengono il campo. Armando non accetta questa situazione e s’impegna in politica per costruire un’Italia diversa da quella che lo ha indotto ad andarsene negli anni Trenta.

Nel 1946 proprio lui, arrivato in terza elementare a 12 anni e impegnato in mestieri umilissimi per sopravvivere, diventa sindaco di Pavullo nel Frignano. Alle elezioni politiche del 1948 (ne abbiamo parlato qui) ottiene addirittura una poltrona da onorevole alla Camera dei Deputati.

Il simbolo del Fronte democratico popolare (PCI, PSI e altre forze minori) per le elezioni politiche del 1948. Mario Ricci

Il simbolo del Fronte democratico popolare (PCI, PSI e altre forze minori) per le elezioni politiche del 1948

Sembra l’inizio di un nuovo corso, eppure il cambiamento non è immediato. La classe dirigente dell’Italia repubblicana rimane in buona parte la stessa del regime fascista. Da sindaco, Armando si scontra spesso con la Prefettura, che rappresenta il potere dello Stato centrale, spesso ostile alle amministrazioni comuniste.

Cartolina del 2005 in memoria di Mario Ricci, qui ritratto mentre indossa la fascia da sindaco e porta sulla giacca la medaglia d'oro al valor militare. Proprietà della sezione ANPI di Pavullo nel Frignano - dalla Resistenza alla Repubblica

Cartolina del 2005 in memoria di Mario Ricci, qui ritratto mentre indossa la fascia da sindaco e porta sulla giacca la medaglia d’oro al valor militare. Proprietà della sezione ANPI di Pavullo nel Frignano

Nei suoi ultimi vent’anni, Mario Ricci non smette di impegnarsi nella società. Come presidente dell’ANPI modenese e pavullese, mantiene viva la memoria della Resistenza. Continua a rilasciare interviste e a comparire in pubblico fino alla festa dell’ottantesimo compleanno, poi cede alla malattia. Muore il 18 agosto 1989, poco meno di tre mesi prima della notte in cui i berlinesi abbattono il Muro, innescando simbolicamente la fine del “Secolo breve”.

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[post aggiornato il 1° dicembre 2019]

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