Domenica 12 agosto ritornerò in uno dei luoghi che hanno visto nascere la mia passione per la ricerca storica. Il Comune di Marano sul Panaro mi ha invitato a portare un contributo alla 74^ commemorazione della strage di Ospitaletto. Dopo lo spettacolo teatrale del 2016 e le letture dello scorso anno, insieme al comitato Unione Resiste abbiamo deciso di organizzare nuovamente l’evento nel solco della Public History. Ci è sembrato il modo migliore per onorare la ricorrenza della comunità dando valore alle ricerche storiche svolte nell’ultimo periodo.

Pubblico alla commemorazione della strage di Ospitaletto nell’agosto 2016. Foto di Fausto Corsini
Ravvivare le conoscenze storiche
Negli ultimi tre anni ho analizzato più volte la strage di Ospitaletto. I primi passi li ho mossi insieme al Comune di Marano sul Panaro, nell’ambito di una ricerca storica sulle vicende belliche del territorio e della comunità. Si sono così aperte le prime possibilità di restituire ai cittadini nuove conoscenze, organizzando trekking insieme al comitato Unione Resiste e potenziando le attività didattiche.
Nel 2015-2016 ho avuto l’occasione di inserire i risultati del lavoro nell’Atlante delle stragi naziste e fasciste in Italia. Questo traguardo non ha esaurito gli stimoli a proseguire le ricerche. L’incarico di scrivere un saggio su antifascismo, Resistenza e ricostruzione a Spilamberto mi ha infatti portato di nuovo a Ospitaletto, aggiungendo ulteriori elementi al quadro complessivo. Nel libro Lottare per scegliere, uscito nell’aprile 2018, si trova la versione più aggiornata di una ricerca che continua ad appassionarmi.
Una conferenza-spettacolo sulla strage di Ospitaletto
Proprio da questa esperienza di ricerca, oltre che dalla buona volontà del Comune di Marano, è nata l’idea della conferenza-spettacolo Il volto della guerra. La strage di Ospitaletto. L’inizio è previsto per le ore 11, al termine della messa. Per circa 30 minuti i racconti e le voci della storia ci riporteranno nell’agosto 1944, quando le colline sopra al Panaro conobbero il volto del conflitto totale.
Le letture di Lorenzo Costantini aggiungeranno al mio racconto le voci di alcuni tra coloro che vissero il “tempo di guerra” a Ospitaletto. Non mancherà un omaggio a Nello Bozzini, partigiano, professore e ricercatore di storie della Resistenza modenese. Alcuni anni fa sua penna mi ha rivelato la drammaticità e l’importanza di ciò che accadde sulle colline maranesi. Ridare voce a quella ricostruzione sarà un modo per mostrare che la conoscenza storica procede formando strati di consapevolezza. Perché si parte sempre dal punto di arrivo di chi ci ha preceduto.

Gli attori Lorenzo Costantini, Eleonora Innocenti Sedili e Riccardo Serafini al termine dello spettacolo teatrale sulla strage di Ospitaletto (agosto 2016). Foto di Fausto Corsini
Gli eventi dell’estate 1944, in sintesi…
Fra il 30 luglio e il 3 agosto 1944 le truppe tedesche attaccano in forze la zona libera di Montefiorino. I partigiani non hanno possibilità di resistere e sono costretti a sganciarsi. I più determinati a proseguire la lotta si spostano nelle valli vicine e cercano di riorganizzarsi. Le difficoltà non mancano: i collegamenti sono difficili e qualcuno perde la fiducia nei comandi.
Intorno al 10 agosto una formazione di circa 300 uomini, staccatasi dalla divisione di Marcello Catellani, si insedia presso alcune case coloniche a Ospitaletto di Marano sul Panaro. La guida Adolfo Bambini (“il Toscano”), un combattente deciso a continuare la lotta nonostante le difficoltà. Passa poco tempo ed elementi ostili alla Resistenza segnalano ai fascisti la presenza dei partigiani.
Nel pomeriggio del 12 agosto una piccola squadra della Guardia nazionale repubblicana di Marano e Vignola parte per attaccare i “ribelli”. I fascisti, però, sono in inferiorità numerica: perdono il camion e si rifugiano in una casa colonica. I militi di Salò si salvano poco dopo, poiché l’arrivo di rinforzi tedeschi impegna i partigiani in un combattimento. Nel corso degli scontri il vice-comandante della formazione Mario Allegretti coglie i nemici alle spalle, mettendoli in fuga.
I nazisti ripiegano, lasciando sul terreno cinque uomini. Mentre scendono a valle, le truppe accusano i contadini Marino e Leonidio Vandelli di aver coperto la fuga dei “ribelli”. Sono padre e figlio, colti nei campi quasi per caso. Passano insieme momenti convulsi, presto interrotti dagli spari di chi non si fida del loro silenzio. Muoiono così, uno accanto all’altro.

Lorenzo Costantini in un momento dello spettacolo teatrale sulla strage di Ospitaletto (agosto 2016). Foto di Fausto Corsini
Una violenza protratta nel tempo
All’alba del 13 agosto comincia la vendetta. Aiutati dai fascisti, i nazisti della Veterinär-Kompanie 362 (362. Infanterie-Division) impiccano nel borgo di Ospitaletto cinque partigiani prelevati dal carcere vignolese di Villa Santi: sono Aldo Casalgrandi, Luciano Orlandi, Primo Terzi, Antonio Maccaferri e Geo Ballestri. Dopo aver proibito di rimuovere i corpi, si radunano nella piazzetta dello Spino per pianificare la terra bruciata.
Nel pomeriggio i reparti nazisti uccidono civili, incendiano cascine e massacrano il bestiame. Muoiono Gino Baranzoni, Augusto Cavedoni, Giuseppe Ferrari, Caterina Gualmini, Giuseppe Leonelli, Adalgisa Ronchi, Clarice Ronchi, Maria Savigni, Teobaldo Savigni e Alberto Severi. Quando scende la sera, gli esecutori della strage impongono che nessuno rimuova i corpi dei morti e le carcasse degli animali fino al Ferragosto.
Le operazioni antipartigiane ripartono il 17 agosto, sfruttando le difficoltà organizzative della Resistenza. Con la collaborazione dei fascisti, i nazisti raggiungono Selva di Puianello e le zone di confine tra Ospitaletto e Serramazzoni. I partigiani vengono sorpresi all’alba e accusano diverse perdite tra morti e prigionieri. Perdono la vita Agostino Longini, Ivaldo Maccaferri, Livio Arrigo Pelliccioli e Giorgio Fontanili. Secondo le testimonianze raccolte presso la comunità locale, sette ostaggi vengono uccisi a Ospitaletto il 25 agosto. Sul loro conto le notizie sono tuttavia ancora imprecise, eccezione fatta per Corrado Tagliavini e Antonio Ferrari.

Riccardo Serafini in un momento dello spettacolo teatrale sulla strage di Ospitaletto (agosto 2016). Foto di Fausto Corsini
I silenzi del dopoguerra
Dopo le tragedie dell’agosto 1944 nessun membro della comunità biasimò pubblicamente i delatori. Le famiglie delle vittime cercarono nella discrezione e nella vicinanza reciproca gli stimoli alla ripresa di una normalità altrimenti impossibile. La comunità preferì mantenere un profondo riserbo sulla strage, al punto che le spie non furono denunciate neppure nel dopoguerra. Nessuno sentì il desiderio di riaprire le ferite inferte dal conflitto. Il dolore del lutto rimase confinato nel silenzio delle colline rurali, che cercarono di riprendere i ritmi della quotidianità.

Deposizione di una corona al termine della commemorazione della strage di Ospitaletto (agosto 2016). Foto di Fausto Corsini
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