Da quando faccio Public History, portare la storia a scuola è una delle sfide professionali che affronto con più entusiasmo. Costruire laboratori didattici e preparare approfondimenti mi stimola a chiarire le conoscenze per trasmetterle agli studenti. La storia a scuola si rivolge a un pubblico tanto ricettivo quanto difficile da agganciare. Per abbattere la diffidenza ed evitare che la noia prenda il sopravvento, c’è bisogno della Public History. Quando un racconto collega il passato alle passioni e alla vita quotidiana di oggi, l’interesse dei ragazzi si fa sempre più vivo.

Il 14 marzo 2017 ho messo in gioco tutte queste considerazioni proponendo un nuovo approfondimento di storia a scuola. Sono tornato al Liceo Leonardo Da Vinci di Casalecchio di Reno (BO) per ricostruire il ruolo delle ragazze e delle donne nell’Italia fascista e nella Germania nazista. Il fulcro del racconto? Lo sport. Il pubblico? Due classi quinte del liceo scientifico, già impegnate in una visita a Berlino e al campo di concentramento di Ravensbruck. L’obiettivo? Approfondire alcuni aspetti significativi della storia tedesca e del regime hitleriano, coinvolgendo i ragazzi attraverso un approccio a loro vicino.

Perché non mettere in evidenza i legami fra lo sport, la cultura di massa e le vicende storiche? La docente di educazione fisica, che conosceva già il mio intervento sulla Rivoluzione olimpica, mi ha chiesto di utilizzare gli stessi attrezzi. Conoscenza storica e passione sportiva, attenzione ai fatti e alle percezioni collettive. Insomma, tutti elementi di Public History molto adatti per portare la storia a scuola.

Sane e robuste – un approfondimento di storia a scuola

Ho accettato con piacere la sfida di preparare una lezione multimediale di approfondimento. Durante le ricerche per la tesi di laurea, tra l’archivio e la biblioteca del CONI bolognese, ho trovato documenti e immagini che abbattono la barriera tra l’esperto e il pubblico. Quando le carte e le immagini raccontano le origini sociali o i primordi agonistici degli sport più amati, la noia e la diffidenza lasciano spazio alla curiosità.

Tutto questo, però, non basta. Per fare la storia c’è bisogno di una cornice nella quale inquadrare gli eventi, le interpretazioni e le memorie, restituendo loro una dimensione viva. Provando e riprovando, ho imparato a leggere attraverso lo sport i cambiamenti politici e sociali che Bologna ha vissuto tra l’ascesa del fascismo e gli anni Cinquanta. Da allora sono convinto che la cultura di massa può essere utilizzata per ricostruire la storia insieme a ogni tipo di pubblico.

Questo approccio funziona soprattutto con gli studenti, che trovano nella passione per lo sport una ragione valida per capire le strutture di un’altra epoca. Immergersi in un’atmosfera diversa da questo nostro eterno presente, aggrappandosi a stimoli e suggestioni che derivano dalla propria esperienza, è un bell’esercizio di confronto. Seguire il filo rosso di una passione li può aiutare a cogliere la profondità del passato, leggendo attraverso di essa la complessità delle azioni umane.

Stimoli e difficoltà della storia a scuola

Preparando la lezione, ho capito che trasmettere agli studenti i progetti sociali dei fascismi attraverso lo sport resta una missione difficile. Se poi il principale oggetto dell’indagine è la sfera del femminile, le cose si complicano ulteriormente. Le ragazze di oggi non vivono in una società priva di ostacoli e discriminazioni, ma faticano a realizzare quanto fosse diversa la vita delle giovani nella prima metà del Novecento. Senza ricostruire il contesto sociale e culturale di un’epoca, qualsiasi discorso sullo sport e l’educazione fisica risulterebbe vano. Non è possibile immaginare gli effetti di un gioco, di un divertimento o di un sistema di allenamento senza valutare le condizioni in cui quest’attività nasce e si sviluppa. Lo sport è sempre figlio di una cultura e assolve le funzioni che una comunità gli affida.

storia a scuola terra battuta

Nell’Italia fascista e nella Germania nazista gli esercizi ginnici concorrono a formare la “nazione guerriera” e il dominio della razza ariana. Mentre i giovani si allenano per diventare i conquistatori delle guerre future, le ragazze si preparano a essere “sane e robuste” per offrire figli ai sogni di gloria, coltivati dai regimi attraverso la propaganda. Nei loro orizzonti, però, non c’è solo la fatica dello sforzo fisico. Gli sport di squadra vengono trasfigurati in chiave nazionale e diventano veicoli di cameratismo, utili per insegnare l’etica del sacrificio collettivo in modo divertente.

I successi dei campioni permettono infine alle comunità di identificarsi nei simboli dell’identità nazionale e razziale, mostrando che il divo dello sport è sempre e soltanto un modello maschile. Le ragazze non possono accedere stabilmente alla fama del trionfo agonistico, poiché il loro ruolo le confina entro le mura di casa subito dopo aver contratto il matrimonio. Alle donne i fascismi affidano la missione di generare la grandezza della nazione attraverso la maternità.

Una sfida da… ripetere!

Nel confronto con i ragazzi, accanto alla passione comune per lo sport e la sua cultura, emergono tanti motivi d’interesse. Problemi ancora irrisolti, questioni spinose, differenze utilizzate per fomentare l’odio e pregiudizi alimentati per allargare le distanze nei confronti dei diversi. La storia a scuola parte dal presente e lì ritorna attraverso le esperienze e le domande di ciascuno, in un continuo flusso di movimenti ideali attraverso il divenire dell’umanità. Ogni stimolo è per me al tempo stesso punto interrogativo per le indagini storiche e punto esclamativo per la curiosità degli studenti. Un’esperienza complessa, non meno faticosa della ricerca, ma altrettanto feconda e gratificante, poiché nasce e cresce a contatto con il pubblico più importante in assoluto. Quello che può ancora scrivere le pagine della propria storia.

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