Perché parlare di antifascismo e Resistenza il 2 giugno? La festa della Repubblica non è forse l’occasione giusta per guardare avanti? Come mai non riusciamo a “liberarci” dai miti e dalle ombre del Novecento?
Quando sono stato invitato all’iniziativa Antifascisti. L’opposizione al fascismo a Carpi e in provincia di Modena – Essere antifascisti oggi, queste domande hanno ripreso a rimbalzarmi in testa. Come progettare un evento interessante e stimolante per tutti? Come evitare di scivolare nella nostalgia o nella banalità? Quale format usare per chiarire le continuità e le differenze tra l’antifascismo e la Resistenza?
Che fare?
Condividere queste domande con Stefano Barbieri, presidente dell’ANPI carpigiana, è stato il primo passo verso il 2 giugno. Ci siamo trovati ben presto sulla stessa lunghezza d’onda. Nessuno dei due voleva una lezione frontale. Perché calare dall’alto una storia di idee e persone in un ambiente così vivace? Antifascismo e Resistenza a Carpi sono ancora pane quotidiano per molti: perché non ascoltare le voci di chi li ricorda?
Cercavamo un elemento che completasse il nostro pomeriggio, proponendo ciò che le mie conoscenze non avrebbero mai potuto dare. Fra studi e ricerche ho analizzato vari aspetti del Novecento modenese, ma il mio approccio è sempre stato scientifico. Perché non cercare un aggancio diretto con la memoria, facendola dialogare con la storia?
La risposta era già pronta nella comunità dell’ANPI. Agostino Rota, classe 1931, aveva voglia di raccontare i ricordi che lo hanno fatto diventare sindacalista, militante e uomo. Mi bastano pochi minuti di telefonata per capire che, nella sua vita, antifascismo e Resistenza sono un binomio amato e meditato. Proiettare quella conversazione nel contesto del 2 giugno è un’idea troppo affascinante. Anche secondo Stefano.
Detto, fatto. Tanti saluti alle slide e alle presentazioni multimediali. L’iniziativa nasce per aprire un momento di dialogo e condivisione fra tutti i partecipanti. Quindi, per prima cosa, giù le sedie dal palco! Poi, la storia deve tenersi distinta dalla memoria, ma non può rivendicare una superiorità. Bisogna che le riflessioni e le domande dei non addetti ai lavori siano accolte, ascoltate e riconosciute. Antifascismo e Resistenza significa anche recuperare l’abitudine al confronto.
Antifascismo e Resistenza: una conferenza-conversazione
La conversazione comincia in una Biblioteca multimediale Loria piuttosto affollata. La cosa davvero bella, però, è che tutti ascoltano con interesse la contestualizzazione storica su antifascismo e Resistenza. Gli sguardi sembrano capire che c’è bisogno di una cornice dove inserire ricordi, aneddoti e opinioni. Passare dallo scenario nazionale al contesto locale ci aiuta a capire meglio le dinamiche della storia. Ascoltare la memoria ci ricorda che gli eventi sono stati vissuti da donne e uomini in carne e ossa. Non è solo un libro, un film o una chiacchierata: nelle parole si ascolta il divenire di una comunità attraverso le voci delle sue persone.
Antifascismo e Resistenza, regime e clandestinità, conformismo e rifiuto, guerra e opposizione, omertà e denuncia. Non è un caso che l’emergere della memoria accenda le domande sull’Oggi. Intervengono in tanti: ciascuno riprende concetti e propone prospettive, pone domande e attende risposte che non sempre possono arrivare. Ogni volta che ne arriva una, mi sento felice. So di non poterli soddisfare mai del tutto. In fondo, la storia non è una profezia: non traccia soluzioni già valide per il futuro, ma insegna a interrogare il passato per capire il presente.
Domande aperte
Si parte sempre da lì. Perché parlare di antifascismo e Resistenza quando oggi non c’è lavoro? Perché non cerchiamo le radici delle ingiustizie che attanagliano il nostro tempo? E se dietro l’odio e il razzismo ci fosse la rabbia di una guerra fra poveri? Le riflessioni sono affascinanti e pericolose, perché propongono scintille esplosive. Per renderle costruttive bisogna cercare i loro punti di partenza nella profondità del passato. Recuperare l’incertezza e l’apertura del divenire storico, ad esempio, aiuta a problematizzare le cose. Vivere precariamente nel mondo di oggi non è certo semplice, ma era forse più facile la vita degli ultimi nell’Italia dell’autarchia? Scivolando verso la guerra, le famiglie dei braccianti non sentivano già i morsi della fame?
Altro? Certo! Smontare i miti e illuminare le ombre aiuta a capire meglio i limiti e le grandezze delle comunità umane. Com’era la vita nell’ormai lontano 1946? Bisognava ricostruire quasi tutto. Solo l’entusiasmo e la partecipazione non mancavano, però portavano con sé tensioni molto aspre. Quando c’è poco per vivere, la competizione si fa serrata… Recuperare la consapevolezza su questi aspetti del passato ci aiuta a cercare risposte valide per il nostro tempo.
Come hanno fatto i carpigiani, i modenesi, gli italiani e gli europei a uscire dagli anni più tormentati del Novecento? Come possono riemergere dalle difficoltà del mondo globalizzato? Sono proprio queste le domande che volevamo innescare quando abbiamo pensato a un’iniziativa su antifascismo e Resistenza a Carpi. Le soluzioni? Saremmo stolti se pensassimo di poter risolvere tutto da soli, ma sappiamo che il primo passo sta nel rifiuto dell’indifferenza. Capire, approfondire e agire. Leggere il tempo nello spazio. Aprire confronti, stimolare discussioni. Accogliere, riconoscere. Ricette semplici, ma indispensabili per vivere meglio nel presente.
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