Il Master in Public History è un’officina della storia. Dalle aule universitarie modenesi escono ricerche e racconti che non si fermano sugli scaffali delle biblioteche: il loro obiettivo è raggiungere ogni tipo di pubblico. L’anno scorso siamo stati tra i primi diplomati. Abbiamo cercato storie negli archivi per portarle alle persone. Abbiamo sperimentato linguaggi e soluzioni narrative per tenere vivo l’interesse e accendere la curiosità. La sfida ci è piaciuta e si rinnova ancora nel nostro lavoro, mentre gli studenti della seconda edizione avviano gli stage e si avvicinano alla prova finale.

Proprio nell’ambito della seconda edizione del Master in Public History Marta Bassanetti ha proposto un progetto sulle storie e sulle memorie legate ai teatri e ai cinema di Sassuolo. Marta ha deciso di condividere con noi un po’ del suo tempo per raccontarci il senso e gli obiettivi del suo lavoro.

Parlaci un po’ di te: come sei arrivata alla Public History?

Da una strada un po’ tortuosa direi… Laureata in Storia Antica a Bologna, nel 1993 ho deciso di passare al Lato Oscuro e cioè ho abbandonato Storia, Archeologia e Musei e sono andata a lavorare in ceramica… I miei obiettivi familiari non si conciliavano con i tempi di carriera nel settore dei Beni Culturali, purtroppo. Però una grande passione non si può sopire né nascondere. Così non solo ho sempre trascinato marito e figli in musei, siti archeologici e città d’arte, ma soprattutto tendo a piangere ogni volta che entro in un museo archeologico. Da tempo pensavo di prendere una seconda laurea in Conservazione dei Beni Culturali o simili, ma non trovavo una facoltà che mi convincesse. La scorsa estate ho visto su Distretto Ceramico la pubblicità del Master in Public History e mi è venuto un tuffo al cuore. Era perfetto per il tema, per il tipo di frequenza e la durata. Ho fatto una foto e mandato sul gruppo Whatsapp di famiglia. Figli e marito hanno scritto tutti “iscriviti subito” e così ho fatto. È stata una pazzia con un lavoro a tempo pieno di responsabilità, ma sono contenta di non averci pensato troppo. Se no non l’avrei mai fatto.

Master in Public History: Teatro comunale di Sassuolo chiuso

“Teatro chiuso”

Perché hai scelto di proporre un progetto sui cinema e teatri sassolesi?

Perché volevo fare un progetto che riguardasse la mia città e non passa giorno che non pensi all’assurdità di una città di circa 45mila persone senza un cinema e un teatro, Mi stringe il cuore quando il sabato pomeriggio vedo una Piazza Piccola sì gremita ma solo per gli apericena, dato che ci sono 6 bar che si affacciano dove una volta c’erano almeno due teatri su questa stessa piazza e nei suoi dintorni, Carani e Politeama!

Qual è l’obiettivo del tuo lavoro?

Vorrei restituire ai sassolesi la loro memoria riguardo al periodo degli spettacoli, che abbiamo vissuto fino agli anni ’80, anche per riannodare quei fili che sembra si siano interrotti con la Sassuolo più “antica”, che era ricca di spettacoli, teatri ed eventi. E nello stesso tempo vorrei che nonni e genitori incominciassero a raccontare di questi teatri, dei bellissimi spettacoli visti, degli attori conosciuti ai ragazzi nati dal 2000 in poi per i quali Sassuolo è una città che non ha cinema e teatri da sempre, da quando sono nati.

Master in Public History Lampadario del Teatro Carani

L’installazione del lampadario del Teatro Carani. Dal QB Teatro, Spettacolo e cinema a Sassuolo, Federico Ferrari, foto da archivio Costi

Su quale tipo di fonti pensi di lavorare?

Ci sono già degli studi molto belli e completi tra gli Album Sassolesi e il QB. Vol. 8: Teatro, spettacolo e cinema a Sassuolo, tratto dalla tesi di laurea di Federico Ferrari proprio sul Cinema e Spettacolo. Ogni storico però deve ripartire dalle fonti, quindi sto consultando i fondi dell’Archivio storico di Sassuolo e della Biblioteca Estense per i quotidiani. Dai documenti dell’epoca voglio rendermi conto in prima persona dei movimenti e coinvolgimenti attorno ai luoghi di spettacolo. Penso di potere trovare notizie interessanti da pubblicare sulla pagina Facebook che ho aperto per questo studio.

I sassolesi possono darti una mano?

Sì, senza di loro posso fare solo metà del lavoro! Possono visitare la pagina Facebook Sassuolo ricordi di palchi e schermi e commentare foto e documenti per riattivare la nostra memoria collettiva. In alternativa mi possono scrivere alla mail palchieschermi@gmail.com. Meglio ancora se hanno materiale fotografico o qualcosa di interessante da raccontare e soprattutto nonni da intervistare. In particolare sto cercando immagini e ricordi legati allo Splendor, il cinema dell’Oratorio Don Bosco.

Pensi di restituire in qualche modo i risultati alla comunità?

Sì, certo, se no non sarebbe Public History! Sto studiando varie soluzioni da proporre all’Amministrazione comunale. Vorrei fare vari progetti per diverse fasce d’età, ma il target che più mi interessa è forse il più difficile, i famosi “nativi digitali” e penso che cercherò di scuoterli con un tipo di restituzione che non sia digitale per niente. Vorrei lasciarli a bocca aperta, magari con teatro di strada… penso che per farli fermare su qualcosa qualche minuto sia necessario ricorrere a soluzioni “antiche”, che li scuotano perché inaspettate, come può essere una persona che ti ferma e ti racconta qualcosa per strada.

Master in Public History: Padre Sebastiano Bernardini e Cino Tortorella sul palco del teatro San Francesco di Sassuolo

1967: padre Sebastiano Bernardini sul palco del teatro San Francesco insieme a Cino Tortorella, il mago Zurlì, per la sesta edizione del festival dei ragazzi Folletto d’Oro

Un tuo ricordo legato ai cinema e ai teatri sassolesi.

Non posso fare a meno di pensare a Giorgio Gaber al Carani. Penso di averlo visto almeno 4 volte. Per Gaber Sassuolo era una piazza molto importante, qui testava i suoi spettacoli prima di partire in tournée nelle città più importanti. Eravamo un pubblico talmente “preparato” che quando partiva con i bis, con Barbera e Champagne o Shampoo in verità faceva giusto i primi accordi e poi non provava neanche a cantare…. Ci dirigeva perché eravamo perfetti: sapevamo pause, intonazioni, sospensioni… c’era veramente affetto e rispetto.

Per finire, una confidenza: qual era il tuo preferito?

Carani tutta la vita! Per gli abbonamenti teatrali, per la scala e l’entrata liberty, per l’androne di marmo assurdamente grande, per il lampadario meraviglioso, per il bar collegato dove si andava a prendere il caffè tra primo e secondo atto…. Perché era un gran TEATRO.

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